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La Corte europea condanna l’Italia per lo strapotere di Entrate e GdF nelle verifiche fiscali- Italgomme fra le aziende che hanno vinto il ricorso

La Corte europea per i diritti umani ha condannato l’Italia per eccesso di potere di Entrate e Guardia di Finanza in occasione delle verifiche fiscali. Secondo la Corte, le autorità italiane hanno al momento un “potere discrezionale illimitato” sulla portata e sulle condizioni delle ispezioni e hanno violato i diritti di 13 aziende di Foggia e comuni vicini, tra cui anche Italgomme Pneumatici.

“Abbiamo avuto diverse verifiche negli anni e sempre con le stesse modalità, per cui abbiamo annotato gli errori che commettevano gli ispettori e abbiamo deciso di presentare il reclamo alla Corte europea”, ci racconta Italo Perrella, titolare di Italgomme Pneumatici srl. “Dopo il nostro esposto, anche altre aziende della Provincia hanno deciso di affidarsi allo stesso Studio legale, per gli stessi motivi. La soddisfazione oggi è molta, soprattutto perché, da adesso in poi, anche tutte le altre aziende saranno maggiormente tutelate da eventuali soprusi delle autorità”.

La soddisfazione delle aziende che hanno fatto ricorso non è certo economica, perché ciascuna delle 13 società riceverà ‘solo’ 3.200 euro a copertura del danno non pecuniario. La condanna europea evidenzia però un problema più generale e la Corte sottolinea che in Italia “i poteri di Entrate e Guardia di Finanza vanno limitati” e che il Paese deve riformare la normativa e la prassi che regolano le ispezioni e le verifiche fiscali nelle sedi di aziende e studi professionali.

Le ispezioni alle aziende ricorrenti che ha esaminato la Corte europea sono avvenute tra il 2018 e il 2022, ma il problema sarebbe generale e legato alle leggi e alle prassi in vigore, che “non forniscono sufficienti salvaguardie, perché legalità, necessità e proporzionalità degli interventi non è soggetta a sufficiente scrutinio”.

Respinta dunque la difesa del Governo italiano, che aveva spiegato che lo scopo delle ispezioni è combattere l’evasione fiscale e che la loro pianificazione viene fatta ogni anno, in base alle linee guida dell’amministrazione fiscale e del Ministero dell’Economia.

La Corte europea afferma che il quadro normativo nazionale, eventualmente anche attraverso indicazioni di prassi amministrativa, dovrebbe definire chiaramente le circostanze e le condizioni, in cui le autorità sono autorizzate ad accedere ai locali e ad effettuare verifiche in loco e controlli fiscali nei locali commerciali e in quelli usati per le attività professionali. Nella sentenza i giudici evidenziano, invece, che i casi esaminati mostrano che il potere dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza di decidere sulla necessità, il numero, la durata e l’entità delle ispezioni e delle informazioni richieste e poi copiate o sequestrate non era regolamentato.

L’altra richiesta della Corte europea è che la legislazione preveda che aziende e professionisti abbiano a disposizione un ricorso “efficace” affinché un giudice valuti se le autorità hanno rispettato i criteri e le restrizioni riguardanti le condizioni che giustificano le ispezioni e verifiche fiscali e la loro portata. La Corte specifica che la possibilità di fare ricorso non dovrebbe essere subordinata al fatto che ispezioni e verifiche fiscali abbiano condotto a un avviso di accertamento fiscale, né debbano diventare disponibili solo quando il procedimento di accertamento fiscale sia concluso. Se un contribuente ritiene che i pubblici ufficiali stiano agendo contro la legge, dovrebbe avere a disposizione “qualche forma di revisione vincolante prima che l’ispezione sia finalizzata”.

Scarica il Giudizio della Corte europea dei diritti umani (46 pagine)

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