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Yokohama TWS: il nuovo ruolo, il business model Trelleborg Tires-Mitas, il cingolo  – intervista a Elio Bartoli

A Eima 2024 Yokohama TWS ha partecipato con due stand dedicati ai marchi Trelleborg Tires e Mitas. Sicuramente l’highlight della fiera era l’ingresso nel segmento del cingolo, ma c’era molto altro di cui parlare con Elio Bartoli, che a partire dal primo dicembre sarà il nuovo presidente della società.  

Partiamo da lei: a dicembre sarà il nuovo Presidente di Yokohama TWS.  

Questo sicuramente per me è un grande onore, ma è anche una grande responsabilità. Succedere a Paolo Pompei, con il quale ho lavorato per 7 anni e con cui ho condiviso tutte le decisioni strategiche dell’azienda, è un passaggio che farò in grande continuità con quanto fatto fino ad oggi. Se i brand sono quello che sono oggi, è grazie alla leadership di Paolo, alle collaborazioni stabilite insieme con gli OEM nel corso di questi anni, nonché al grande lavoro fatto con, su e dai nostri team.

La parola d’ordine di questo appointment è continuità: sarà un lavoro di vitale continuità con il passato, e penso anche che questo l’azienda si aspetti, avendomi scelto come successore a Paolo.

Per me, personalmente, è sicuramente un grande incremento di responsabilità: avevo già la gestione del 65% del fatturato dell’azienda, forse di più considerando il controllo su tutti gli OEM globali. Però ora gestire l’azienda a 360° è un compito diverso, è una cosa molto motivante, con cui mi sto già confrontando giornalmente. Lo faccio con molta umiltà, lavorando con tutti i miei colleghi per sfruttare al meglio questa opportunità. Quello che mi sento di dire è che quello che abbiamo fatto finora, lo abbiamo fatto insieme a Paolo e con lui alla guida, ma sono stato coinvolto in tantissime decisioni, quindi non posso che continuare a portarle avanti.

Come è andata Eima? Che idea si è fatto della fiera?

Per noi la partecipazione ad EIMA 2024 era davvero importante. Due anni fa non eravamo presenti, ma è evidente che la fiera sta guadagnando importanza a livello europeo. Era quindi fondamentale esserci e abbiamo deciso di partecipare con una presenza importante, in un padiglione molto visitato. Abbiamo scelto di esporre i nostri due brand, Trelleborg Tires e Mitas, in due stand separati, che volevano rappresentare l’essenza dei due marchi e le diverse proposition con cui sono caratterizzati.

E anche i riscontri dei due stand sono stati molto positivi. Vediamo che c’è ancora grande interesse da parte dell’utenza finale sia verso i prodotti premium e le nuove soluzioni che stiamo portando sul mercato, sia per l’offerta made in Europe di Mitas. Anche la fiera a livello generale è andata molto bene, con il record di visitatori.

Quanto impegnativo è gestire due marche dalle proposition diverse come Trelleborg Tires e Mitas?

La differenziazione tra Trelleborg Tires e Mitas sta sicuramente nelle performance del prodotto, nelle innovazioni che portiamo su Trelleborg Tires. Però, dall’altro lato, abbiamo un prodotto Mitas che, sebbene sia un prodotto standard, beneficia di un know-how aziendale di competenze che sono all’interno dell’azienda.

In particolare, Trelleborg Tires è il nostro marchio premium, che punta ad applicazioni più demanding, più difficili, su cui dobbiamo trovare delle soluzioni per i clienti dove la performance è la cosa più importante da raggiungere. Mitas, invece, è il nostro prodotto standard, utilizzato da numerosi produttori come equipaggiamento standard per trattori e macchine da raccolta.

Mitas ha tutta una sua peculiarità: il fatto di essere prodotto in Europa per un mercato prevalentemente europeo lo differenzia moltissimo dalla concorrenza. La logica produttiva della nostra azienda è local for local: questo per il settore dell’agricoltura è molto importante, sia per quella che è la variabilità della domanda e la nostra flessibilità conseguente, sia perché produrre localmente non ci espone a fluttuazioni del cambio moneta, tematiche geopolitiche o cambi al vertice di paesi politicamente instabili che possono creare difficoltà da un giorno all’altro, problemi vari e duties sulle importazioni. Non ultimo è il tema della sostenibilità: il prodotto agricolo ha un impatto importante dal punto di vista dell’utilizzo di materie prime e produrlo nello stesso continente dove poi avviene il consumo dello stesso riduce il numero di container in giro per il mondo e questo rappresenta sicuramente un valore.

È chiaro che, dall’altra parte, è una sfida produrre negli Stati Uniti o in Europa, è sicuramente molto più sfidante che produrre in altri paesi, però è una sfida che raccogliamo ed è anche un valore aggiunto del nostro business model che il mercato ci riconosce.

I marchi hanno evidentemente un posizionamento diverso, ma entrambi rappresentano una storia lunga decenni e sono molto apprezzati da tutti gli agricoltori europei e del mondo.

Cosa avete presentato in fiera? 

Mitas non ha lanciato novità ad Eima 2024, ma ha esposto il VF per operazioni a carico ciclico, l’SFT per trattori ad elevata potenza, il municipale HCM e l’AC90 per filari.

Trelleborg Tires mostrava il PneuTrac, pneumatico dotato della tecnologia Galileo con cui stiamo avendo risultati fantastici per le applicazioni frutteto e vigneto, tanto che ad oggi rappresenta il benchmark per questo particolare mercato.

Era presente anche il TM1 ECO POWER, una gomma con un bassissimo impatto ambientale sia in termini di rolling resistance sia in termini di composizione delle materie con cui il pneumatico è prodotto, altamente sostenibili. Il TM1 ha un contenuto di materiale sostenibile del 65%, la percentuale più alta approvata da un OEM: ci sono altri produttori che vantano percentuali superiori, ma il nostro è l’unico approvato da un OEM, perché ha prestazioni che sono uguali o migliori a quelle dei prodotti tradizionali.

La vera novità, tuttavia, era il cingolo ART1000, un progetto a cui abbiamo lavorato alcuni anni con un importante produttore. Le forniture inizieranno nel 2025, così come il lancio ufficiale, che sarà organizzato sempre insieme al produttore di macchine. Abbiamo scelto di presentarlo in anteprima ad una fiera importante come Eima perché sappiamo che l’interesse è altissimo da parte di tutto il mercato. È noto che il pneumatico ha dei limiti oltre il quale non può spingersi, limiti di peso e limiti di potenza che può essere trasmessa. Oltre questi limiti, è necessario il cingolo. Per questo motivo nasce il cingolo agricolo di Trelleborg Tires, che porta con sé anche una nuova filosofia.

Come Trelleborg Tires, infatti, da oggi abbiamo due diversi obiettivi: il primo è spingere il pneumatico sempre più in alto, perché sappiamo che il pneumatico ha dei vantaggi innegabili, in primis quello di avere una performance su strada completamente diversa rispetto al cingolo. Continuiamo, quindi, a puntare sul pneumatico e stiamo lavorando con i produttori di macchinari per innalzare ancora il livello di potenza dei trattori con cui può essere utilizzato, elevando ulteriormente, in ultima analisi, il limite tecnologico della gomma.

Però sappiamo anche che c’è un limite massimo oltre il quale è necessario il cingolo, ed è per questo che è ormai da diverso tempo che stiamo lavorando su questo progetto che ci sta dando moltissime soddisfazioni. Il nostro secondo obiettivo è, quindi, lo sviluppo del segmento del cingolo e l’ingresso in questo nuovo mercato. 

Il cingolo è “solo” un nuovo mercato, o rappresenta una svolta vera e propria per Trelleborg Tires? 

È assolutamente una svolta, ovviamente rimanendo nelle nostre applicazioni target. Questa novità è qualcosa che per noi è molto importante. Abbiamo guardato anche in passato ad altri segmenti adiacenti, ma nessuno come quello del cingolo in gomma rappresenta proprio l’applicazione demanding che è il nostro target principale per Trelleborg Tires.

Il cingolo è sempre stato un prodotto più nordamericano, mentre adesso inizia a vedersi anche nel nostro continente. Come mai questo cambiamento?

In tempi recenti abbiamo visto anche molti produttori europei spostarsi sul cingolo, non solo nella mietitrebbia ma anche nel trattore e non solo per trattori di altissima potenza. Basta fare un giro per la fiera per accorgersi di questo.

D’altra parte, le macchine sono sempre più pesanti e potenti. Noi crediamo che il pneumatico, nel caso in cui questo possa arrivare allo scopo, sia ancora la soluzione migliore tra le due. Quindi il tema “cingolo al posto del pneumatico a prescindere” per Trelleborg Tires non è la soluzione. Ma sicuramente c’è un limite dove il cingolo offre qualcosa in più ed è in questa nicchia che noi stiamo investendo. 

Voi oggi presentate il cingolo Trelleborg Tires. State pensando anche a un cingolo Mitas?

Tornando a parlare di differenziazione, tutte quelle che sono le innovazioni e le nuove tecnologie chiaramente vengono sviluppate e introdotte sotto il brand Trelleborg Tires. Nel caso del cingolo, adesso entriamo proprio in un nuovo mercato con Trelleborg Tires presentando un prodotto premium. Una volta entrati, e dopo aver conosciuto il mercato, cercheremo di definire la strategia futura e di capire se ci sarà spazio per un’offerta più standard o se invece rimarremo con il solo posizionamento Trelleborg Tires.

La scelta tra cingolo e pneumatico potrebbe aprire una nuova fase anche per la vostra rete Interfit, facendo diventare gli specialisti ancora di più dei consulenti nella scelta della giusta soluzione per la giusta applicazione?

Sì, questo è qualcosa su cui Yokohama TWS sta puntando molto, specialmente in Italia dove abbiamo la nostra prima rete, Interfit Point, un progetto pilota che ci sta dando grandi soddisfazioni e che quindi non vediamo l’ora di portare in altri paesi.

Interfit aumenta ancora di più la nostra connessione con il mercato. Siamo già un’azienda che ha centinaia di persone sul mercato, che sono a contatto con i tanti utenti finali giorno per giorno e che riportano direttamente all’azienda tutti quelli che sono gli input, le opportunità di miglioramento, gli aspetti su cui è necessario continuare a lavorare e investire.

Con Interfit abbiamo fatto un passaggio in più: avere una rete di leader specialisti che si sono affidati a noi e a cui noi di rimando ci affidiamo significa proprio, da una parte, avere la possibilità di consigliare all’utente finale il giusto prodotto per la giusta applicazione, dall’altra la possibilità di accedere a molto know-how che noi abbiamo in casa per tutto quello che è la parte di conversione.

Per quelle macchine che escono dalla fabbrica con una certa accoppiata e poi devono andare a fare lavorazioni diverse abbiamo tutta la competenza per andare a consigliare un fitment diverso, sia come tipologia di ruota che come misure da montare, fino a fare anche l’omologazione. Seguiamo quindi tutto il processo, dalla A alla Z.

Questo è un know-how che stiamo mettendo a disposizione della rete e il cingolo è una possibilità ulteriore in questo panorama. Siamo in una situazione di win-win: i nostri dealer stanno beneficiando di queste competenze, noi beneficiamo della relazione più stretta con loro e ci distinguiamo sul mercato. 

L’idea è quindi di espandere Interfit in altri paesi? Avete una roadmap?

L’idea è quella di continuare ad espandere la rete. Abbiamo un piano per portare Interfit in altri paesi nel 2025 e negli anni a venire, così come è stato fatto nel material handling 15 anni fa.

Non posso dire quali saranno i primi paesi scelti perché la decisione dipende da una ricerca in corso sulle possibilità di ogni mercato di raggiungere una massa critica di 5-10 affiliati. Ogni paese ha le sue particolarità, i partner sul mercato vanno trovati, vanno ingaggiati, bisogna far capire loro i benefici di una partnership di questo tipo, quindi è qualcosa che faremo step by step, ma sono progetti in cui crediamo moltissimo. 

Il mercato agricolo generale non è in una situazione molto felice. Cosa ne pensa?

Siamo passati da anni in cui combattevamo ogni giorno con l’incapacità di rispondere a tutta la domanda, ad anni in cui tutti i produttori di macchinari, questo è assolutamente pubblico, stanno diminuendo la produzione perché gli ordinativi stanno calando. Dobbiamo affrontare questa fase.

Noi del settore sappiamo bene che il business agricolo è ciclico per natura, fatto di up and down e come azienda dobbiamo essere strutturati per affrontare gli uni e gli altri.

Quello che però ho notato è che in precedenza i cicli avevano picchi e depressioni meno ampi rispetto ad oggi e chiaramente più questi cicli e queste fluttuazioni si spostano in alto e in basso, più sono difficili da gestire per aziende con uno zoccolo duro di costi fissi.

Come si gestisce questa aumentata variabilità quindi?

È complicato. Va fatta una gestione dell’azienda molto accurata in termini di profit e loss, ma va fatta anche una gestione dell’azionista, del proprietario a cui tutte queste tematiche vanno spiegate. Per me si tratta di trovare un buon compromesso tra breve e lungo termine e di avere qualcuno che ti dia possibilità di farlo: ritorno a dire, essere capace di gestire l’interlocutore a monte oggi è fondamentale.

La gestione è una questione di delicati compromessi e fragili equilibri da preservare, non esiste una soluzione magica. Bisogna capire dove serve continuare ad investire per il futuro e dove, invece, è necessario effettuare dei tagli perché si sta perdendo più di quello che si guadagna. Io posso solo pensare a gestire le cose con buon senso e un approccio analitico, ma guidato da una visione proiettata nel lungo termine.

Il cappello di Yokohama aiuta in questo compito e in questa fase turbolenta di mercato?

È da ormai un anno e mezzo che siamo nel Gruppo Yokohama. La strategia dell’azienda è quella di lasciare le singole divisioni indipendenti all’interno di Yokohama, permettendo che vadano sul mercato in modo indipendente, con una strategia definita e separata.

Ovviamente c’è un gruppo all’interno di Yokohama che supporta, che fa un monitoraggio della governance necessaria.

Sono logiche assolutamente sane, è un gruppo che guarda molto allo sviluppo a lungo termine ed è sicuramente il gruppo che sta investendo di più nel segmento specialty tires.

Basti guardare solo all’ultimo accordo per l’acquisto di Goodyear OTR, che è un ulteriore conferma che le intenzioni sono serie, importanti e che c’è una forte ambizione di leadership. Non potremmo quindi desiderare un proprietario migliore di Yokohama, perché è il place to be, se si vuole essere nello specialty tires.

Con quest’ultima acquisizione il gruppo Yokohama si eleva nelle posizioni più alte per quel che riguarda il segmento OTR. Goodyear sarà gestita come le altre acquisizioni?

Sì, con l’acquisizione di Goodyear saremo, anche in termini di fatturato, assolutamente in linea con quello che fanno gli altri grandi group players.

Ovviamente questo non è un business che ricadrà sotto le mie responsabilità, quindi lascio a chi di dovere commentare, però mi stupirebbe se la logica fosse diversa dalle acquisizioni precedenti. Mi aspetto che non si forzino sinergie a tutti i costi, rischiando cannibalizzazioni. L’obiettivo è acquisire e far crescere le realtà partendo dal loro stato attuale. Cercare sinergie fin dal primo giorno non è la strada giusta. La priorità è crescere in modo profittevole Questo è quello che Yokohama ha fatto con l’acquisizione di Alliance nel 2016, quello che ha fatto con noi nel 2023 e farà nel 2025 con Goodyear.

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