Bridgestone Argentina, richiesta la procedura di crisi per Llavallol
Martedì 23 luglio, presso lo stabilimento di Bridgestone in Argentina, che si trova a Llavallol, nella provincia di Buenos Aires, c’è stata una manifestazione dei lavoratori con il Sindicato Único de Trabajadores del Tire Argentino (SUTNA) e altre organizzazioni sindacali. Il motivo è che Bridgestone ha richiesto la procedura di crisi preventiva, che i dipendenti e i sindacati vedono come una minaccia di licenziamento dei 492 lavoratori del sito.
Bridgestone, che nel Paese conta 1.500 dipendenti, ha effettivamente chiuso l’impianto produttivo per una settimana, ma sostiene che si tratti di una chiusura già pianificata per motivi di scorte e che l’operazione non è pesata sui lavoratori, che sono rimasti a casa, ma a cui è stato corrisposto il 100% del salario. La motivazione addotta da Bridgestone è “una riorganizzazione operativa, che inverta l’espansione effettuata nel 2021 per aumentare la produttività e soddisfare la domanda in America Latina e negli Stati Uniti di quel momento”. Bridgestone sostiene inoltre di non avere intenzione di lasciare il Paese.
I manifestanti, tuttavia, hanno accolto male e si oppongono alla richiesta di apertura di un processo di prevenzione di crisi (che è stata annunciata proprio nella settimana di chiusura), in quanto li metterebbe in una posizione contrattuale svantaggiosa, aprendo la strada a Bridgestone per poter licenziare, ridurre gli stipendi, rendere le condizioni di lavoro più flessibili e modificare il contratto collettivo.
I risultati finanziari dell’azienda nel 2021 e 2022 hanno evidenziato i profitti più alti degli ultimi decenni e hanno anche consentito di distribuire benefit ai lavoratori, mentre il 2023 ha registrato un calo.
Il segretario generale del sindacato SUTNA, Alejandro Crespo, pur ammettendo che la situazione economica è molto complicata a livello nazionale, teme che Bridgestone, come altre aziende, ne approfitti per “cambiare le condizioni di lavoro e rompere con i contratti collettivi” e non trova giustificazione all’apertura della procedura di crisi per “un’azienda che ha registrato profitti per 192 milioni di dollari negli ultimi tre bilanci, che sono stati quelli con i maggiori guadagni degli ultimi 20 anni”.