Locale, sostenibile e multibrand: chi è oggi Yokohama TWS
Yokohama TWS è un’azienda focalizzata sul segmento Off Highway che riunisce gli storici marchi Trelleborg, Mitas, Maximo e Cultor e la rete di servizio Interfit. Il gruppo, guidato dal CEO e Presidente Paolo Pompei, ha scelto di realizzare una strategia che mantenesse una forte distinzione tra i brand, per dare al mercato un’offerta più ampia e puntuale.
Come sta cambiando, in generale, il mondo dei pneumatici?
Il mercato è sicuramente in cambiamento. A livello di trend complessivi, notiamo che tanti produttori asiatici che operano nel mondo dei pneumatici, stanno investendo in Europa con un servizio più capillare o in alcuni casi con nuovi impianti produttivi in Est Europa. Mi fa piacere osservare questo trend, perché, da più di vent’anni, la base della nostra strategia premium è proprio quella di essere presenti localmente e servire il mercato locale: essere in Cina per la Cina, in Europa per l’Europa e in America per l’America.
La decisione di alcune aziende di continuare ad investire in Europa va oltre una semplice decisione economica e caratterizza il segmento premium. C’è proprio la necessità di essere vicini al mercato, avere una supply chain reattiva ed efficiente e far fronte a tutti gli eventuali rischi legati a situazioni contingenti come quelli relativi al canale di Suez o alla crescente incertezza geopolitica. Il contenimento di questi rischi è importantissimo soprattutto per coloro, come noi di Yokohama TWS, a servizio dei primi equipaggiamenti. Ci sono quindi ragioni che vanno al di là della semplice massimizzazione del conto economico di breve termine e questo mi fa piacere, perché conferma la bontà della strategia che abbiamo sposato da sempre e che mira alla costruzione di un modello di business sostenibile negli anni a supporto del valore dei nostri brand.
Avete in programma altre acquisizioni?
Noi abbiamo sempre seguito tre filoni in termini di espansione. Il primo è cercare di fare acquisizioni in business che sono adiacenti al nostro. Poi c’è l’espansione geografica: in particolare pensiamo a nuove regioni, come estremo est Europa, Asia e Africa. Infine, ci sono le acquisizioni nel mondo di Interfit, che è la nostra rete di servizio, il cui scopo è di rafforzare ulteriormente la vicinanza all’utente finale, cercando di dargli un servizio completo e specialistico.
Con Interfit andiamo a servire direttamente il cliente, ovunque non abbiamo dei partner forti. Invece, dove abbiamo delle collaborazioni importanti, come in Italia, abbiamo esteso Interfit attraverso i partner stessi, instaurando una relazione commerciale più articolata, che permetta loro di operare con il nostro marchio.
Questi sono, più o meno, gli indirizzi strategici su cui ci stiamo muovendo al momento, oltre agli investimenti organici, come il Sudamerica che è l’unica regione al mondo in cui non siamo ancora presenti nel segmento del pneumatico agricolo.
Possiamo dire che Yokohama TWS, al netto delle acquisizioni, è focalizzata su una strategia multibrand, dove ciascun marchio ha una propria autonomia?
Assolutamente sì. Questo lo abbiamo reso chiaro già nel 2016, con l’acquisizione di Mitas. Io faccio sempre l’esempio del Gruppo Volkswagen, che gestisce molti brand, da Audi a Skoda e fino a Porsche. Noi ci comportiamo allo stesso modo, perché ogni brand ha una value proposition diversa e, quindi, esprime caratteristiche diverse e incontra esigenze dell’utente differenti.
Yokohama TWS è un’azienda che ha diversi modelli di business per tutte le richieste del mercato. Credo che l’acquisizione di TWS da parte di Yokohama sia stata fatta proprio per completare il portafoglio, senza creare una sovrapposizione tra modelli di business.
Il fatto è che se uno guarda 10 pneumatici di diversi brand, vede più o meno lo stesso oggetto. Secondo me, quello che davvero differenzia il marchio è quello che c’è dietro: innovazione, modello produttivo, servizi, strategia di go-to-market. Il cliente deve poter scegliere quello che c’è dietro il prodotto e noi dobbiamo essere bravi a comunicare in cosa i brand della nostra offerta sono differenti. La nostra strategia punta, infatti, a valorizzare la diversità e unicità dei nostri marchi e il fatto di essere un gruppo fortemente specializzato nell’off-highway ci mette in una posizione di vantaggio rispetto ad altri concorrenti.
Pensiamo che sia importante continuare a preservare questa strategia di differenziazione. La cosa comune di Trelleborg e Mitas è che giocano partite locali.
Interfit ha un ruolo trasversale in termini di marchi e di segmenti?
Sì, Interfit è una rete di servizio trasversale che, fino ad oggi, ha principalmente operato nel settore della movimentazione dei materiali nei porti e nel mondo delle costruzioni, ma che recentemente ha iniziato a espandersi anche nel mondo dell’agricoltura. È di fatto una rete di servizio specialistica, che segue il cliente nel post-vendita.
Interfit, essendo una rete indipendente, è trasversale e segue tutti i brand. Da quest’anno è una struttura dedicata e separata, che agisce pensando unicamente alle esigenze del cliente finale.
Ci sono novità per quanto riguarda i business adiacenti?
Sì, ci sono novità che annunceremo prossimamente a Eima. Ovviamente ci sono anche sviluppi interni di nuovi prodotti in business adiacenti, che per noi sono importanti per completare la gamma. In questo momento siamo in fase di omologazione, per cui contiamo di presentare molto presto altre novità.
Quali sono i macro-obiettivi degli sviluppi futuri dei prodotti di Yokohama TWS?
In particolare, ci sono due aree molto importanti nel nostro piano di sviluppo.
La prima è la sostenibilità: abbiamo lanciato a novembre ad Agritechnica un pneumatico realizzato con il 65% di materiali naturali e riciclati, il Trelleborg TM1 ECO POWER, che è stato omologato su Fendt e che performa meglio del corrispondente pneumatico tradizionale. Ci tengo a sottolinearlo, perché la vera sfida non è tanto inserire nel prodotto materiali sostenibili, quanto riuscire a garantire prestazioni superiori. L’obiettivo è arrivare a un prodotto, che sia completamente riciclabile a fine vita e riutilizzabile nel nostro processo produttivo o in processi produttivi di altre industrie.
La seconda area di sviluppo è, invece, la digitalizzazione del prodotto. Abbiamo recentemente lanciato il Trelleborg ATMS (Adaptive Tire Management System), un sistema autonomo di sensori integrati che rilevano in tempo reale il carico dinamico, la temperatura e la pressione del pneumatico, fornendo raccomandazioni sulla pressione corretta per migliorare performance e sicurezza delle operazioni. In combinazione con i sistemi CTIS di gonfiaggio e sgonfiaggio dei pneumatici agricoli, permette all’operatore di lavorare sempre nelle condizioni ottimali in termini di pressione, senza dover intervenire manualmente.
La digitalizzazione, in generale, permette di avere un prodotto che interagisce con la macchina e l’operatore, ottimizzando le performance del mezzo, aumentando la produttività e la competitività, riducendo i tempi e l’utilizzo di carburante, e rispettando il suolo.
Sostenibilità e digitalizzazione sono due percorsi paralleli, che superano il tradizionale sviluppo del prodotto, che include i materiali, il battistrada: elementi che sono stati migliorati nel corso degli anni e che non consideriamo più innovazione. La vera innovazione oggi è tagliare il traguardo prima degli altri nella sfida della sostenibilità.
La sostenibilità è un valore di per sé, ma oggi diventa quasi un passaggio obbligato per la valenza economica e finanziaria che ha assunto nella catena di fornitura?
La sostenibilità ha un costo, quindi la vera sfida è creare un modello di business e prodotti sostenibili mantenendo gli stessi costi. Questa è la vera sfida, perché è chiaro che sono pochi i consumatori disposti a spendere di più per acquistare un prodotto che è sostenibile, soprattutto in questi anni soggetti a forte inflazione.
Il nostro obiettivo è garantire, allo stesso costo, un prodotto e un modello di business competitivi, senza toccare le tasche del consumatore. Devo dire che partiamo avvantaggiati, perché abbiamo iniziato questa sfida più di 20 anni fa. La prima cosa che ci era chiara, fin dall’inizio, è proprio che essere locali aiuta a vincere anche dal punto di vista di impatto ambientale. Essere in Europa, inoltre, impone alle aziende di rispettare dei vincoli ambientali che, per esempio, in altre parti del mondo non esistono.
Oggi si tratta di riuscire a mettere insieme dei progetti di Ricerca e Sviluppo che garantiscano un prodotto totalmente riciclabile. Inoltre, affrontiamo la sfida della deforestazione, che supportiamo nonostante le difficoltà e costi aggiuntivi che comporterà. Ci impegniamo anche a sostenere questa causa perché vogliamo assicurare una produzione regolare di gomma naturale, ripristinando un processo che mantenga costantemente le piantagioni nutrite e rigenerate.
Naturalmente, il consumatore comprende tutto ciò solo quando riusciamo a garantire la stabilità dei costi. Questo è il nostro più grande impegno.
Com’è il trend del primo equipaggiamento?
Il trend del primo equipaggiamento mostra una tendenza al ribasso. Questo era prevedibile, dato che gli anni recenti, in particolare il 2022 e anche il 2023 fino a settembre, hanno registrato record. Ora giustamente c’è una saturazione del parco macchine: considerando solo il settore agricoltura, negli ultimi tre anni sono state rilasciate in Europa quasi un milione di macchine nuove. È quindi comprensibile che ci sia un rallentamento di questo business, che è comunque ciclico, per cui sono abbastanza fiducioso per il futuro.
Ora è il momento per noi di far leva sul mercato del ricambio, perché, soprattutto in Europa, abbiamo una presenza fortissima nel primo equipaggiamento e vogliamo assicurarci che l’utente, dopo un’esperienza positiva col primo impianto, continui a scegliere i nostri brand quando deve cambiare le gomme presso il proprio rivenditore.
Nel settore construction, invece, vedo un rallentamento più strutturale, dovuto all’inflazione e all’aumento dei tassi di interesse.
Non vedo invece rallentamento o crisi nel mondo della movimentazione, perché credo che la grande distribuzione stia lavorando ancora bene.
Per Yokohama TWS come è andato il 2023 e quali sono le previsioni per quest’anno?
Il 2023 è stato un anno relativamente positivo, considerando che il primo equipaggiamento è sceso molto nel secondo semestre. Tutto sommato, considerando che per noi è stato un periodo di transizione con l’entrata nel mondo Yokohama, siamo molto soddisfatti, perché abbiamo guadagnato quote di mercato e questo è molto incoraggiante.
Quest’anno siamo partiti bene nell’aftermarket, mentre il primo equipaggiamento ha rallentato. In ogni caso, in tutti e due i canali abbiamo guadagnato quote, quindi non ci aspettiamo un anno simile al 2023-2022. Pensiamo di riuscire a mantenere la nostra posizione nei mercati in cui siamo già consolidati e forti come l’Europa, di crescere in Nord America, e ovviamente di espanderci nei nuovi mercati, in particolare l’Asia Pacific. Quest’ultima è una regione particolarmente interessante, perché con una popolazione in rapida crescita, è fondamentale esser pronti alle esigenze che nasceranno.
Dalla globalizzazione alla localizzazione. È questa la chiave del futuro del settore?
Al di là del mondo dei pneumatici, credo che l’Europa viva male – a mio giudizio sbagliando – la concorrenza dei paesi asiatici. Secondo me si tratta di avere una visione più ampia e capire che i mercati saranno sempre di più mercati locali, a scapito della globalizzazione. Ci sarà sempre di più, anche per ragioni di sostenibilità, la necessità di essere vicini ai clienti e di avere fabbriche, che ovviamente dovranno essere più produttive e più efficienti, ma che saranno nei mercati in cui si opera. Questo è il tema su cui io mi sto battendo ed è ciò che cerco di trasmettere anche ai nostri clienti, perché, se ci pensiamo, i nostri clienti hanno le stesse problematiche. Oggi un agricoltore è preoccupato perché il latte arriva dai mercati asiatici, o il grano a basso costo dall’Ucraina, ma la competitività lo aiuta a migliorare, ad essere più produttivo e a differenziarsi. Quindi, dovrebbe capire quanto sia importante, se vuole proteggere la sua industria, creare un’economia legata al proprio territorio con le sue specificità così come facciamo noi con i nostri brand.