Meccanizzazione agricola, le variabili del mercato globale
Economisti ed esperti di innovazioni tecnologiche si sono confrontati, questo pomeriggio a Palazzo Varignana nel corso dell’assemblea FederUnacoma, sugli scenari a medio termine. La sfida per le imprese della meccanica agricola è pianificare la produzione e la ricerca, superando le variabili socio-politiche ed economiche che influenzano i mercati.
Le crisi economiche di questi anni, determinate da eventi imprevedibili come la pandemia, l’inflazione globale e la guerra in Ucraina, hanno messo a dura prova i sistemi produttivi e ridotto la capacità di programmazione delle attività economiche da parte delle imprese. L’unico modo che queste hanno di reagire all’incertezza è intensificare l’analisi delle variabili socio-politiche ed economiche che influenzano i mercati, e cogliere le opportunità offerte dalle innovazioni tecnologiche più avanzate. Questo lo scenario che il presidente di FederUnacoma Alessandro Malavolti ha prospettato aprendo l’incontro sul tema “Oltre la congiuntura: programmare le attività, pianificare gli investimenti”, svoltosi questo pomeriggio a Palazzo Varignana (BO) nell’ambito dell’Assemblea generale FederUnacoma.
Il Covid, la crisi geopolitica e le tensioni commerciali con la Cina – ha spiegato Carlo Altomonte professore dell’Università Bocconi – stanno modificando la geografia del commercio mondiale e determinando una riconfigurazione delle catene di valore con una crescente regionalizzazione dei flussi produttivi. Si tratta di un fenomeno globale che interessa anche il contesto europeo dove si assiste ad un incremento della domanda di beni intermedi prodotti all’interno del continente rispetto a quelli importati dai Paesi extra-UE.
Sul fronte agricolo, la crescita della domanda di derrate alimentari è determinata dall’aumento della pressione demografica e dal cambiamento degli stili di vita. “I consumi mondiali di frumento tenero – ha detto nella propria relazione Angelo Frascarelli, professore all’Università di Perugia – sono cresciuti del 22% dal 2010 ad oggi, mentre quelli complessivi di cereali sono cresciuti del 31%. La crisi climatica, il costo dell’energia, la difficoltà a reperire input per la produzione, la volatilità dei prezzi e il problema della manodopera sono, tuttavia, variabili che pesano sulla produttività dell’agricoltura e sulla sua capacità di rispondere alla domanda crescente di beni alimentari”. Sulle imprese agricole europee, in particolare, gravano i vincoli di sostenibilità legati alle politiche del Green New Deal e del Farm to Fork – ha spiegato Frascarelli – con obiettivi stringenti: entro il 2030 è prevista la riduzione del 50% nell’uso di pesticidi e di sostanze antimicrobiche, oltre che di fertilizzanti. Secondo le previsioni Joint Research Centre della Commissione UE, l’impatto del programma Farm to Fork produrrà nell’Europa comunitaria un calo della produzione agricola compreso fra il 5 e il 15%, un aumento dei costi aziendali del 10%, e un peggioramento del deficit commerciale per semi oleosi, prodotti ortofrutticoli, carni bovine, ovine e caprine.
“A fronte di questo – ha concluso Frascarelli – le imprese agricole debbono investire in tecnologie di nuova generazione e sfruttare la possibilità di produrre energia da fonti rinnovabili”.
La trasformazione del settore primario – è stato ribadito nel corso del convegno – è un processo in atto. “In pochi decenni le performance delle macchine sono sensibilmente migliorate e l’elettronica è diventata dominante. Notevoli miglioramenti sono stati compiuti anche sul fronte dei motori e dei consumi, e su quello della digitalizzazione di attrezzature, trattori e mietitrebbie”, ha detto il rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari. In Italia il valore del mercato dell’agritech ha superato i due miliardi di euro, App e sistemi smart – ha aggiunto Molari – sono oggi utilizzati da più del 70% delle aziende agricole. In questa prospettiva, Università e centri di ricerca sono chiamati a svolgere un ruolo strategico non soltanto per dare impulso alle tecnologie ma anche per formare i giovani agricoltori all’utilizzo dei sistemi 4.0. “La ricerca avrà sempre come propulsore il mondo universitario, e quest’anno – ha concluso il Rettore – l’Ateneo di Bologna ha messo a disposizione 202 borse di dottorato finalizzate proprio a creare professionalità coerenti con i fabbisogni d’innovazione delle imprese”.
Nel settore agromeccanico la nuova frontiera tecnologica è quella relativa ai sistemi ad alta automazione, che vengono già impiegati per svolgere una vasta gamma di lavorazioni agricole. I robot agricoli, tra i quali figurano anche trattrici a guida autonoma, sono utilizzati soprattutto per la semina, per i trattamenti fitosanitari, per la raccolta, e per il monitoraggio e la mappatura dei terreni.
“Queste macchine – ha spiegato Marko Bertogna, professore dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – sono equipaggiate con sistemi digitali molto sofisticati, come i sensori LiDAR e le videocamere RGB ad alta risoluzione, che permettono di acquisire informazioni dall’ambiente, processarle ed utilizzarle ai fini produttivi”. Negli ultimi anni le tecnologie robotiche hanno conosciuto uno sviluppo importante, ma – ha precisato Bertogna – presentano ancora significativi margini di miglioramento soprattutto sulla navigazione e sulla localizzazione in assenza di segnale GPS, sulla manipolazione degli oggetti, e sulla interoperabilità, vale a dire sulla capacità di svolgere diversi tipi di lavorazione, dalla semina ai trattamenti fitosanitari fino al monitoraggio delle colture.