L’e-commerce può essere davvero green solo se lo è anche la logistica
L’e-commerce continua a crescere anche con la fine della pandemia, che agli acquisti online aveva dato un fortissimo impulso nel nostro Paese. Secondo l’ultimo report NetComm e Polimi sull’eCommerce B2C, nel 2022 l’eCommerce di prodotto ha proseguito la propria corsa, pur con un ritmo più contenuto (+8%) rispetto a quanto visto nel 2021 (+18% sul 2020), e ha toccato i 33,2 miliardi di euro. Più in generale, il digital retail vale complessivamente 48,1 miliardi di euro (considerando anche i servizi, per una crescita media del 20%) e occupa ormai più di 300 mila lavoratori, essendo diventato determinante per l’economia italiana. L’e-commerce però non è un business solo digitale, anzi, ha una fortissima componente offline – magazzini, picking, packing e trasporti (in particolare “last mile”, il famoso ultimo miglio delle consegne che ormai è sempre più richiesto nelle modalità “same day & next day”, vale a dire in giornata o il giorno successivo all’acquisto online): in una parola, la logistica.
Dunque, se aumentano gli acquisti online, questo ha una contropartita ambientale in termini di produzione di CO2. E non soltanto perché si producono più oggetti (vestiti, elettrodomestici, ecc.) ma anche perché si intensificano le attività di trasporto e stoccaggio delle merci. Uno studio della società di consulenza Oliver Wyman (che ha analizzato il processo di acquisto di libri, elettronica di consumo e abbigliamento in 5 paesi europei: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) misura che in Italia, ad esempio, per ogni prodotto non alimentare venduto online vengono prodotti 898 grammi di CO2. Si tratta di una cifra che è inferiore a quella generata dal commercio fisico (dove per ogni prodotto venduto si generano 1.764 grammi di CO2), ma che comunque ha un impatto sull’ambiente. E che con attente politiche logistiche potrebbe essere ridotta.
Ottimizzare la logistica per produrre meno CO2: dall’imballaggio, al carico dei tir, all’energia
Buona parte di questa CO2 potrebbe essere risparmiata attraverso delle azioni nel campo della logistica. Non si tratta ovviamente della soluzione definitiva all’inquinamento generato dell’e-commerce, che è un effetto cumulato di moltissimi fattori diversi, ma di certo ridurre gli sprechi che ancora oggi esistono nel campo del trasporto delle merci vendute online è un passo importante verso la sostenibilità. Ma quali sono questi sprechi?
Nello specifico, l’utilizzo di imballi troppo grandi e il materiale di riempimento che aumentano i volumi trasportati (e dunque i viaggi su ruote) e il materiale da smaltire. Questo spreco è misurabile: lo ha fatto Dssmith, secondo cui l’impiego di imballaggi eccessivamente grandi genera 66.087 tonnellate di emissioni di CO2 in eccesso all’anno, equivalenti a quasi 3,9 milioni di consegne in più. Potrebbe essere evitato l’utilizzo di 150.798 tonnellate di cartone e 371,8 milioni di metri quadri di nastro adesivo: una superficie che coprirebbe più di due volte la città di Milano. Continuando questo calcolo, si stima che si potrebbero risparmiare oltre a 64,1 milioni di metri cubi di imballaggio secondario – in carta o in plastica… un volume in grado di riempire per circa 48 volte il Colosseo.
Le soluzioni per far fronte al problema dell’eccesso degli imballaggi esistono già e alcuni operatori della logistica le stanno già utilizzando: ad esempio, in Italmondo, cuore del gruppo internazionale di trasporti ITLM hanno puntato (per primi in Italia e secondi in Europa) su una macchina capace di confezionare il packaging in maniera sartoriale intorno all’oggetto da spedire, grazie alla scansione laser item per item. “La stampante è in grado di produrre in 24 ore, circa 12mila scatole destinate all’e-commerce e non, nella dimensione necessaria per contenere l’oggetto da spedire, con una precisione millimetrica e con una resistenza che il normale preformato non riesce a garantire – fronteggiando così l’80% delle esigenze di confezionamento e con uno scarto minimo. In questo modo siamo in grado di ridurre la quantità di cartone utilizzato (stoccando risme di packaging che sarà la macchina a tagliare con precisione) e anche quella di aria, che tipicamente richiede riempimenti in materiale anti-urto. E in tutto questo, il materiale di ritaglio minimo che avanza non viene buttato ma può essere impiegato come riempitivo per le spedizioni di altre linee”, dice Federico Pozzi Chiesa, ad di Italmondo e CEO do ITLM Group (nella foto).
“Senza contare che producendo imballi delle dimensioni minime necessarie si consente di ottimizzare il carico trasportato. Questo infatti è il secondo grande tema della logistica legata all’e-commerce: se, come spesso accade, i mezzi di trasporto non lasciano il magazzino del tutto carichi, ne consegue che per trasportare tutte le merci della giornata ci vorranno più viaggi e di conseguenza si consumerà più carburante e si produrrà più CO2.”
Proprio sul tema dei carichi si è interrogato Supernova Hub, l’incubatore del Gruppo ITLM; che ha avviato un progetto congiunto con l’Università DTU di Copenaghen, l’Istituto ETH di Zurigo, rivolto alla creazione di un modello matematico per l’ottimizzazione dei piani di carico dei TIR di Italmondo, con lo scopo di efficientare le attività operative, ridurre l’impatto ambientale e di conseguenza ridurre i costi. Questo progetto di Truck Loading Optimization è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica IFORS.
Infine, non bisogna dimenticare che ogni centro logistico consuma energia e in questo modo produce ulteriore CO2 e inquinamento: anche in questo caso, la soluzione c’è e molte aziende stanno iniziando ad adottarla. Si tratta di passare all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili: attraverso ad esempio l’installazione di impianti fotovoltaici (un progetto avviato in quattro delle nostre sedi principali in Italia e in Europa, dove l’HQ belga è già operativo).
Ridurre gli sprechi: non è solo una questione ambientale
È evidente che già soltanto avviando delle azioni per ridurre l’utilizzo eccessivo di cartoni, ottimizzare i carichi e utilizzare fonti di energia pulita si può ottenere molto in termini di riduzione delle emissioni di CO2.
Queste scelte sono però oculate e lungimiranti anche da un punto di vista più strettamente legato al business: per fare un esempio, la sopracitata ricerca di Dssmith stima che eliminando il cartone in eccesso si potrebbero risparmiare ben 31,5 milioni di euro l’anno solo in Italia. E nel caso del macchinario di nostra proprietà è stato stimato un miglioramento della produttività del 15% con una maggiore flessibilità dei picchi di lavoro. Infine, installare un impianto fotovoltaico può aiutare le aziende a rendersi autonome in un periodo in un momento in cui i costi dell’energia sono altamente volatili perché influenzati dai dissidi geopolitici.
Senza considerare che, da un lato, i consumatori – anche in Italia – stanno diventando sempre più attenti ai temi ambientali e prediligono affidarsi ad aziende che condividono questo stesso valore: secondo una recente indagine di IPSOS, 2 consumatori italiani su 3 sono pronti a pagare di più per premiare prodotti realmente sostenibili. E dall’altro, a partire dal 2024, il bilancio di sostenibilità diventerà obbligatorio per tutte le aziende sopra a una certa dimensione (con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 50 milioni di euro e un bilancio annuo di almeno 43 milioni). Insomma la compliance ai criteri ESG e in generale alla sostenibilità ormai non è più un requisito “d’eccezione” solo per le aziende altamente inquinanti ma una vera e propria tendenza che abbraccia tutte le tipologie di aziende e che oggi non è davvero possibile ignorare – specialmente nell’industria globale e articolata dell’e-commerce e della logistica.