Prometeon, il DG Righi: “Ci aspetta un mondo sempre più sfidante, ma rappresenta un’opportunità”
Un 2022 con l’acceleratore a tavoletta per Prometeon Tyre Group, che ha molto lavorato per i risultati industriali e finanziari, ma anche per dare visibilità al brand attraverso sponsorizzazioni sportive e iniziative commerciali.
Oltre 8.000 dipendenti nel mondo, 4 fabbriche e un fatturato in forte crescita: questo è il punto di arrivo di un’azienda che ha poco più di 5 anni di vita e che, fino a non molto tempo fa, era nota solo per essere lo spin-off dedicato ai pneumatici autocarro di Pirelli. Pirelli rimane il brand di punta del portafoglio marchi dell’azienda e Prometeon chiuderà l’anno con un fatturato attorno al miliardo e mezzo di euro, con una sua identità, una strategia chiara e un forte orgoglio d’appartenenza da parte dei collaboratori.
Ma facciamo un passo indietro nella storia: nel 2015 la business unit industrial di Pirelli viene separata dal resto dell’attività aziendale, come conseguenza dell’acquisizione da parte di ChemChina, e l’attuale “legal entity” viene costituita all’inizio del 2017. Oggi l’azienda fa capo a Sinochem Holdings, “SOE” (State Owned Enterprise) tra le più grandi in Cina, con oltre 200 mila dipendenti e azionista anche di Pirelli.
“L’idea all’epoca dello spin-off era quella di integrare il business industrial di Pirelli con Aeolus Tyres, azienda del gruppo Chemchina focalizzata sul medesimo business, per creare un gruppo globale, con una presenza significativa in tutte le geografie”, spiega il numero uno di Prometeon Tyre Group Roberto Righi. “Il Nord America sarebbe rimasto scoperto dal punto di vista industriale, ma il progetto avrebbe consentito in pochi anni di creare un polo dalla capacità produttiva complessiva superiore ai 10 milioni di pneumatici”. Il progetto d’integrazione non si è poi concretizzato, e le due aziende hanno preso un percorso di sviluppo autonomo. Si sta tornando oggi a parlare di maggiori sinergie, che, secondo Righi, “si potranno sfruttare in maniera efficace soprattutto in alcune aree di attività”.
Di fatto, comunque, Prometeon, tra il 2018 e l’inizio del 2021, sotto la guida di Giorgio Bruno come Presidente e Amministratore delegato e Gregorio Borgo come Chief Operating Officer, ha compiuto con successo un difficile turnaround economico-finanziario, di cui ha beneficiato anche la gestione attuale, con l’arrivo nel luglio 2021 di Righi alla guida del gruppo.
“Nel 2021, grazie anche a un positivo andamento della domanda, abbiamo chiuso un bilancio solido e in miglioramento sia dal punto di vista economico che finanziario”, commenta Righi. “Quest’anno ci aspettavamo un mercato meno brillante, ma il 2022 – continua – è stato ancora più sfidante di quanto pensassimo, anche come conseguenza di eventi che non potevano non impattare in maniera rilevante sull’andamento dell’economia. Abbiamo però reagito in maniera piuttosto efficace all’incertezza e alla volatilità che hanno caratterizzato il 2022, e possiamo già affermare che anche quest’anno chiuderemo con risultati soddisfacenti, con una top line in crescita e i principali indicatori economico-finanziari sotto controllo”.
Per il manager, sarà particolarmente importante – con inflazione e tassi di interesse in crescita – gestire con attenzione il debito, perché gli oneri finanziari stanno inevitabilmente salendo e stanno già impattando sull’ultima riga del conto economico. “Non credo che questa fase inflattiva durerà più di 12-18 mesi, ma penso che i prezzi potrebbero rimanere relativamente alti anche quando l’inflazione si raffredderà”, dice Righi. “Questo varrà, ad esempio, anche per i costi dei trasporti internazionali, che si stanno riducendo, ma che difficilmente torneranno ai livelli pre-pandemia, anche perché è interesse delle aziende del settore che ciò non avvenga”.
“Dal nostro punto di vista si tratterà di capire cosa succederà alla domanda di mercato nel 2023. Il primo semestre non sarà probabilmente brillante, ma la seconda parte dell’anno prossimo si confronterà con una base di riferimento più bassa e quindi torneremo a vedere un po’ di crescita. È però certo che la fase iniziata nel terzo trimestre 2020 si è definitivamente chiusa nel secondo trimestre 2022”.
Al di là delle analisi economico-finanziarie, Righi sottolinea come, in generale, siano profondamente cambiati i valori commerciali nel post-pandemia, rovesciando la logica con cui si guarda il trade off tra costo e valore di quanto viene acquistato o venduto, dando un’importanza determinante all’affidabilità della fornitura. “Per 20-30 anni abbiamo vissuto una globalizzazione spinta, anche a livello industriale, in tutti i settori. Adesso, però, il paradigma sta cambiando”, spiega.
Il riferimento è anche agli enormi investimenti partiti un po’ ovunque – in particolare negli USA – per produrre in casa componenti che finora arrivavano da fornitori operanti dall’altra parte del mondo, e che adesso arrivano con molta più fatica. L’esempio dei semiconduttori prodotti a Taiwan è significativo. Produrli negli Stati Uniti costerà magari anche il 40% in più, ma se un componente da qualche decina di dollari blocca la vendita di un’auto che magari ne vale 100.000 dollari, il prezzo diventa una variabile meno rilevante. E così, fare re-shoring o near-shoring, diventa un’opzione spesso quasi obbligata.
“Credo che nei prossimi anni la politica peserà di più dell’economia”, conclude Righi. “Gli ultimi 30 anni sono stati caratterizzati dall’accesso spesso gratuito a prodotti e servizi che sarebbe stato probabilmente normale pagare. Assenza di inflazione, tassi di interesse a zero, merci con prezzi competitivi in arrivo da ogni parte del mondo: siamo stati un po’ viziati, come consumatori, forse bisogna riconoscerlo. Probabile che le cose vadano diversamente in futuro e qualche impatto ci sarà inevitabilmente anche sui comportamenti dei consumatori”.