Agricoltura

Yokohama – ATG, l’integrazione è fatta. Intervista al country manager Italia Massimo Mori

È un’azienda unica e a Fieragricola, che si è svolta a Verona a inizio marzo, l’integrazione di ATG in Yokohama è stata tangibile. L’azienda si chiama Yokohama OHT (Off Highway Tyres), i brand sono Alliance, Galaxy e Yokohama e il management è rimasto quello di ATG con alcune recenti integrazioni. In particolare per l’Italia è stato assunto, lo scorso luglio, come country manager, Massimo Mori.

Piacentino, Mori non arriva dal mondo delle gomme, ma comunque dall’aftermarket automotive e, in particolare, dalle batterie (Exide, Midac e NSK). L’abbiamo incontrato a Fieragricola, dove l’azienda presentava 12 nuove misure per il suo top seller Alliance Agri Star II.

Come mai la scelta di Yokohama OHT è ricaduta su un manager che non arriva dal settore pneumatici?

L’esigenza dell’azienda era trovare una figura che si occupasse del coordinamento delle risorse sul territorio e delle varie divisioni, a prescindere dal prodotto. Il mio ruolo infatti è proprio quello di interfaccia tra field e sede, che per noi significa l’headquarter di Amsterdam, ma soprattutto l’India, per quanto riguarda la produzione.

Pur non arrivando dal settore pneumatici, né dall’agro, ma dal ricambio automotive, ho maturato la mia esperienza proprio nella gestione dei distributori, sia a livello nazionale che regionale. Le dinamiche sono complesse e, a volte, sorgono dei conflitti, che devono essere gestiti al meglio.

Come è stata gestita l’integrazione di ATG in Yokohama?

ATG era un’azienda puramente indiana, mentre con l’integrazione in Yokohama OHT è diventata una multinazionale giapponese. L’acquisizione è avvenuta nel 2018 e il processo di integrazione è durato qualche anno, ma adesso, a inizio 2022, possiamo dire che la fusione è totale.

Yokohama, anziché rilevare l’azienda e insediare i suoi manager, ha deciso di mantenere il management esistente a tutti i livelli, anche produttivo. Ritengo sia stata una scelta molto intelligente e la storia lo sta dimostrando.

L’evoluzione è stata lenta ma progressiva, in perfetto stile giapponese. Una volta perfezionata l’acquisizione, Yokohama ha voluto infatti comprendere, step by step, quanta sostanza ci fosse concretamente dietro ai bilanci esaminati in fase preliminare. Giorno per giorno, hanno verificato tutte le caratteristiche peculiari di ATG, pregi e difetti, e, quando ne hanno compresa la solidità, hanno deciso di puntare sul management, valorizzando i collaboratori storici e assumendo anche un paio di nuove figure.

Come è organizzata la distribuzione in Italia?

In questo momento abbiamo tanti distributori e la politica attuale è gestire al meglio quelli con cui lavoriamo già, per cui non stiamo facendo moltissimo scouting.

C’è da dire che nel portfolio abbiamo anche il marchio Yokohama, che adesso è affidato in esclusiva a un distributore, ma che non è ancora espresso al meglio dal punto di vista dell’offerta di prodotti. L’ambizione è infatti incrementare il business dei pneumatici brandizzati Yokohama, in modo da affiancarli ad Alliance nel mondo agricolo e Galaxy nel mondo industriale e portuale. Questo potenziamento del brand potrebbe aprire nuovi scenari distributivi.

Ad oggi, comunque, la strategia aziendale è di non dare l’esclusiva a nessuno e far crescere al meglio i distributori che già abbiamo.

Che piani ci sono per il brand Yokohama nel mondo off road?

Io sono in azienda dal 19 luglio 2021, ma solo dal 1° gennaio mi è stato affidato anche il brand Yokohama OHT. Di sicuro Yokohama considera il settore fuori strada, che sia agricolo o industriale, molto redditizio. Per questo motivo c’è un piano di sviluppo anche per il marchio giapponese. Oggi tuttavia non abbiamo moltissima capacità produttiva, per cui dovremo fare ulteriori investimenti.

Yokohama ha già in portafoglio degli ottimi prodotti, ma sono poco distribuiti a livello europeo. Basti pensare che il turnover di Yokohama OHT in Europa è pari ai circa 20 milioni di euro che fatturiamo con Alliance e Galaxy solamente in Italia.

L’Italia è per l’azienda un mercato molto importante, che già oggi si gioca in Europa il terzo o quarto posto, con un’offerta che non include ancora Yokohama.

Tra gli investimenti c’è anche l’acquisizione di Trelleborg?

Non c’è nulla di ufficiale, ma sicuramente sono in corso delle trattative, anche se non siamo gli unici investitori interessati. Vedremo.

L’investimento più importante al momento è la costruzione di un nuovo stabilimento produttivo in India. I lavori sono già iniziati e a settembre inizieremo a produrre. L’impegno di Yokohama è stato importante, anche in termini di velocità della costruzione della fabbrica, che è la terza in India per il nostro Gruppo.

Il problema principale oggi è infatti la disponibilità del prodotto, perché la domanda è tanta.

La scarsa reperibilità delle materie prime e l’esplosione dei costi della logistica faranno lievitare ulteriormente i prezzi?

Con le continue fluttuazioni del mercato, tutti hanno dovuto fare vari aumenti dei listini, anche perché la domanda è stata molto superiore all’offerta.

Noi, proprio per questo motivo, quest’anno abbiamo anche fatto la scelta di dare ai clienti gli obiettivi in tonnellate. All’inizio erano un po’ disorientati, ma poi hanno compreso.

L’aumento dei prezzi è dovuto a diversi fattori: il costo delle materie prime ha influito tantissimo sul costo del prodotto finale e poi, nella seconda parte dell’anno scorso, sono subentrati anche i costi dell’energia. L’aumento più pesante, però, è forse quello del trasporto: container e logistica. Tutto quello che arriva dai nostri stabilimenti ha subito un aumento pesantissimo ed è proprio questo il più difficile da accettare da parte dei nostri clienti.

A causa di questo, oggi, la forbice tra il costo di un prodotto indiano o cinese rispetto ad uno europeo è sempre più stretta.

Quanto è importante il primo equipaggiamento?

Noi siamo un’azienda prevalentemente aftermarket oriented, anche se siamo sempre in trattativa con i produttori OE. L’ultimo anno, proprio a causa dell’aumento dei prezzi, è stato particolarmente difficile in questo settore, tanto che abbiamo anche deciso di rinunciare a un primo impianto. È stata una scelta forte, ma strategica, che dà il senso della solidità dell’azienda.

In compenso abbiamo tanti cosiddetti OE2, cioè piccoli produttori italiani di macchinari, che gestiamo attraverso i nostri distributori. La nostra strategia è sempre stata questa: non li approcciamo noi direttamente, ma ci affidiamo ai nostri partner.

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