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Linglong Serbia: sciopero e accuse per le condizioni disumane dei lavoratori

Di nuovo nubi scure all’orizzonte per la fabbrica di Linglong in Serbia, Paese che Il Piccolo di Trieste definisce per le imprese un “Eldorado” per i bassi salari, ma che per Linglong non sarebbe stato sufficiente, al punto da importare “manovalanza addirittura dal Vietnam, mal pagandola e privandola dei più basilari diritti”. La misura però era colma e ora circa 500 cittadini vietnamiti stanno scioperando per protestare contro le condizioni di lavoro disumane e per il licenziamento di un collega, che avrebbe denunciato la situazione alla stampa e alle autorità.

A prendersi a cuore la situazione c’è anche la deputata del Parlamento europeo, Viola von Cramon, che ha fatto appello alle autorità della Serbia affinché chiariscano la situazione dei lavoratori nella fabbrica di Zrenjanin. L’eurodeputata fa appello alla magistratura: “Se si tratta di lavoro forzato, schiavitù nei Balcani occidentali, è qualcosa di tragico e dobbiamo cercare di fermarlo. Spero che il governo lo prenda sul serio”. La Von Cramon sottolinea che, in effetti, gli standard delle condizioni di vita e di lavoro potrebbero essere più bassi nelle aziende cinesi, come Linglong, tuttavia, le autorità serbe ed europee hanno il dovere di pretendere che gli investitori cinesi rispettino gli standard europei e nazionali.

Il Canale di notizie via cavo h24 N1, con sedi a Belgrado, Sarajevo e Zagabria, partner e affiliato di CNN International, riporta in questi giorni numerosi servizi e immagini sull’argomento. “Ci sono circa 750 lavoratori, di cui 500 vietnamiti che vivono e lavorano lì, in condizioni disumane”, dice la testata. “Quegli uomini erano poveri in Vietnam, ma qui dicono di stare anche peggio. Alcuni vorrebbero tornare indietro, ma i loro passaporti sono stati requisiti dai capi cinesi e l’agenzia vietnamita che li aveva assunti ha interrotto ogni contatto quando sono arrivati ​​in Serbia”.

Per quanto riguarda le condizioni di vita, N1 parla e pubblica immagini di vecchi letti a castello, materassi sul cemento, piccoli bagni comuni sporchissimi, assenza di elettrodomestici, di acqua calda e pulita, di assistenza sanitaria e molto altro. “Tutto ciò – sottolinea N1 – sta accadendo nella fabbrica, per la quale i proprietari cinesi hanno ricevuto gratuitamente 95 ettari di terreno (terreno agricolo riconvertito di categoria A), per una cifra stimata di 7,6 milioni di euro. Secondo la decisione della Commissione per il controllo degli aiuti di Stato, che dà il via libera al sussidio, Linglong riceverà 75 milioni di euro di sovvenzioni dal bilancio serbo per impiegare almeno 1.200 lavoratori entro la fine del 2024. Il loro stipendio netto sarà di 42.000 dinari ovvero poco più di 357 euro al cambio attuale. Uno stipendio netto medio nell’ottobre 2021 era di circa 510 euro, secondo i dati ufficiali. I proprietari cinesi prevedono di investire 800 milioni di euro entro la fine del 2025, di cui circa 252 milioni in costruzioni e 547 milioni in nuove attrezzature.

Il Ministero del lavoro serbo ha inviato ispettori al cantiere di Linglong nella città settentrionale di Zrenjanin martedì 16 novembre, quattro giorni dopo la pubblicazione di N1 che ha rivelato le cattive condizioni in cui vivevano i lavoratori vietnamiti. Il rapporto dell’ispezione verrà pubblicato nei prossimi giorni.

Si sono mossi nel frattempo anche i sindacati dei lavoratori serbi, che hanno fatto appello alla Federazione mondiale dei sindacati (WFTU) per allertare l’opinione pubblica mondiale e denunciare la situazione: “I lavoratori sono ai margini dell’esistenza, accomodati in modo disumano, visibilmente scossi, privati dei loro passaporti e quindi impossibilitati a muoversi e tornare a casa”. Il sindacato Sloga ha mosso accuse pesanti, parlando di “un serio indizio che si tratti di vittime della tratta di esseri umani ” e ha aggiunto che ciò avviene “con il tacito permesso dello Stato della Serbia, che ha vietato ai lavoratori di comunicare con persone, giornalisti, attivisti sindacali e ONG che vogliono aiutarli”.

La risposta di Linglong è arrivata ieri, giovedì 18 novembre, con una comunicazione ufficiale, dove afferma che i lavoratori vietnamiti non sono suoi dipendenti, ma sono stati assunti da un subappaltatore, la filiale di Belgrado della società cinese Tepc. L’azienda cinese ha aggiunto che non c’erano dipendenti di Linglong alloggiati nel campo di cui i media hanno riferito negli ultimi giorni. “Vogliamo sottolineare – dice il comunicato – che la nostra azienda sostiene il pieno rispetto e un approccio umano e dignitoso a tutti i dipendenti e organizzeremo degli incontri con i rappresentanti di tutti i nostri subappaltatori per informarli sui valori che vogliamo vedere implementati. Al subappaltatore è stato detto che i lavoratori vietnamiti dovrebbero essere trasferiti in un alloggio migliore e gli è stato detto che i loro passaporti saranno restituiti”.

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