Agricoltura

Trelleborg Wheel Systems diventa Yokohama TWS, cosa cambia? – Intervista al CEO & Presidente Pompei

Lo scorso maggio The Yokohama Rubber Co., Llt. ha acquisito, per 2,074 miliardi di euro, Trelleborg Wheel Systems, che oggi si chiama “Yokohama TWS”, ma opera come prima, senza modifiche alla struttura organizzativa e mantenendo l’headquarter globale in Italia, a Tivoli. L’acquisizione ha ulteriormente rafforzato la posizione del Gruppo Yokohama, che nel 2016 aveva già acquisito Alliance Tire Group (ATG), nel segmento dei pneumatici off-highway. Al portfolio brand del Gruppo Yokohama si aggiungono infatti anche Trelleborg, Mitas, Maximo e Cultor, rendendolo il più ricco del mercato.  Non meno importante, il Gruppo Yokohama porta in casa anche la rete di assistenza Interfit che TWS ha sviluppato fortemente negli ultimi anni.

Abbiamo chiesto a Paolo Pompei, ex Presidente di Trelleborg Wheel Systems e attuale Presidente e CEO di Yokohama TWS: quali sono ad oggi i principali vantaggi dell’acquisizione?

Quella che era Trelleborg Wheel Systems rimane una società stand alone all’interno del Gruppo Yokohama. Il principale vantaggio dell’acquisizione, per noi, è che l’azionista oggi è un produttore di pneumatici, mentre prima era un investitore del mondo dei polimeri, che aveva diversi business, ma solo Trelleborg Wheel Systems nel settore pneumatici. Appartenere ad un gruppo leader nel mondo dei pneumatici significa parlare la stessa lingua in termini di investimenti e di visione del futuro del business. Questo è sicuramente un vantaggio.

Perché la scelta di rimanere un’azienda stand alone?

Il motivo è molto semplice: il mondo off-highway del Gruppo Yokohama è composto essenzialmente da noi e da altre società con dei modelli di business diversi dal nostro. Noi abbiamo una strategia local per local, nei mercati in cui operiamo. Abbiamo 14 stabilimenti posizionati su 3 continenti, uffici commerciali, field engineering, magazzini con consegne ai clienti in 24/48 ore e una rete di servizio con persone che seguono i clienti day by day. Siamo molto vicini al cliente finale, a cui vogliamo fornire un servizio completo a 360°, attraverso una strategia multibrand.

Yokohama Off-Highway Tires (OHT) e TWS sono due società che, insieme, hanno un potenziale enorme, perché riescono a coprire tutti i segmenti e tutte le esigenze di mercato, sia per quanto riguarda l’agricoltura, che material handling e construction.

Nel two wheelers, invece, siamo una piccola nicchia; non siamo tra i player mondiali, ma è comunque un business dinamico, divertente, che continua a crescere, con un marchio molto forte (Mitas) soprattutto nel motocross. È anche questa un’area molto importante, che il Gruppo Yokohama acquisisce, prendendo a bordo TWS.

L’indipendenza di TWS è una strategia a lungo termine o ci sarà, in futuro, una maggiore integrazione?

Se pensiamo ad altri mondi, come l’agricoltura ad esempio, c’è AGCO che produce Fendt, Massey Ferguson, Valtra, Challenger e altri brand, che sono tutti indipendenti, così anche CNH o, per passare all’Automotive, Volkswagen.

In pratica, brand che hanno diverse value proposition devono avere una focalizzazione forte e quindi rimanere, in un certo senso, indipendenti, pur conservando un forte coordinamento a livello societario globale. Avere un’identità definita permette a tutte le risorse dedicate ad un brand di focalizzarsi al 100% sul modello di business pensato specificamente per quel brand, andando così a coprire una nicchia di mercato diversa rispetto agli altri marchi.

In altre parole, non è una strategia di breve ma di lungo termine, mirata a conservare il valore e la dignità dei brand.

Le sinergie ci potranno essere dal punto di vista produttivo?

Ci saranno sicuramente sinergie industriali, ma noi puntiamo molto sul produrre local per local. Questo è molto importante soprattutto dal punto di vista del primo equipaggiamento, per il quale una presenza locale forte è indispensabile, per garantire una supply chain regolare e un livello di servizio e di flessibilità, che non sarebbero possibili con produttori asiatici, che hanno un lungo lead time. Il primo equipaggiamento è un elemento estremamente importante nella nostra strategia di sviluppo.

La rete di assistenza Interfit diventa un asset importante per tutto il Gruppo?

Interfit si è molto sviluppata e oggi agisce come rete di servizio in più 20 Paesi, occupandosi di diversi brand. Interfit propone infatti soluzioni Trelleborg allo specialista che ha bisogno di perfomance e prodotti Mitas a chi cerca alta qualità e affidabilità ad un prezzo più accessibile. Poi ci sono Maximo e Cultor, per chi utilizza i propri mezzi occasionalmente.

Sicuramente, nel lungo termine, Interfit potrebbe rappresentare una buona piattaforma per vendere anche altri prodotti e marchi, ma, da questo punto di vista, siamo ancora in una fase embrionale.

I progetti e i piani di acquisizioni che erano in corso con la precedente ownership verranno mantenuti o cambieranno?

Rimangono. La strategia di Yokohama – e questo è molto positivo – è di diventare un catalizzatore dei progetti che avevamo, piuttosto che un freno. Come dicevo, essendo un player del mondo dei pneumatici, il Gruppo Yokohama ne comprende molto bene le dinamiche e le opportunità.

I progetti hanno l’obiettivo di farci crescere, sia con l’allargamento del portfolio prodotti, che dal punto di vista geografico. La pipe line delle acquisizioni infatti continuerà, sia per quanto riguarda il mondo Interfit, che quello industriale e societario e sia nel nostro segmento, che in segmenti adiacenti. Mi riferisco soprattutto ai cingoli e al segmento del poliuretano, dove siamo presenti in maniera limitata. In pratica, oltre ad agricoltura, material handling e construction, vogliamo completare il portfolio delle cosiddette specialty tyres.

Inoltre vogliamo crescere in nuovi mercati, primo di tutto in Brasile. C’è poi l’Asia, un continente dove nei prossimi 10 anni ci saranno 2 miliardi di persone in più e noi vogliamo essere pronti ad accoglierle con prodotti e servizi adeguati alla crescita di mercato.

Acquisire società in nuovi mercati è importante perché ci permette di consolidare la nostra presenza globale. Quando ho personalmente iniziato questa avventura, quasi 25 anni fa, il nostro business era concentrato principalmente in Europa. Oggi invece il Nord America rappresenta più del 20% del business e l’Asia e il resto del mondo un altro 20%. Siamo sempre meno dipendenti dall’Europa e sempre più evidenti altrove.

I progetti in fase di studio sono tanti e il processo dell’acquisizione, in effetti, ci ha un po’ distolto da questa attività, ma ora sono ripartiti a tutta velocità, perché la crescita nasce sì da investimenti organici, ma anche da acquisizioni, come dimostra la nostra storia degli ultimi 20 anni.

Il futuro non è in Europa?

L’Europa rimane centrale per gli investimenti in tecnologia e sostenibilità.

È l’Europa pioniere di tutte le attività che riguardano la sostenibilità. Oggi stiamo già producendo pneumatici con un altissimo contenuto di bio-materiali e di prodotti riciclati. La vision è arrivare a un pneumatico totalmente riciclabile a fine vita, con impatto ambientale zero. La scarsità di risorse richiede questa strategia, che parte in Europa, ma prima o poi dovrà essere adottata e, prima ancora, percepita in tutto il mondo.

L’altro target in Europa è la tecnologia e, in particolare la connettività, ossia la produzione di pneumatici ‘intelligenti’, in grado di fornire informazioni agli operatori e adattare le condizioni di lavoro, in base alle loro richieste.

C’è poi tanto da fare per accompagnare la meccanizzazione e radializzazione dei mercati fuori dall’Europa, perché se qui la quota dei pneumatici radiali arriva all’85%, in Nord America siamo ancora al 50% e nel resto del mondo addirittura al 10%.

Qual è la sfida della sostenibilità per Yokohama TWS?

L’obiettivo principale da raggiungere è utilizzare la massima percentuale possibile di bio-materiali e di materiali riciclati nella produzione dei pneumatici. Oggi arriviamo al 60-70%, che è già un ottimo risultato, ma la vera sfida, a lungo termine, è raggiungere il 100% di materiali naturali e riciclati.

Abbiamo un team dedicato Technology & Innovation che osserva la natura e cerca di capire come possa essere impiegata nel prodotto. Siamo arrivati a riciclare, ad esempio, i gusci delle noci di cocco, utilizzandoli come filler nel prodotto finito. Stiamo cercando di capire quali risorse naturali ci consentano di ridurre ulteriormente la percentuale di elementi chimici non eco sostenibili. Senza sacrificare nulla, perché questo è l’imperativo numero uno.

Oltre a ciò, come azienda, vogliamo diventare carbon neutral in termini di emissioni entro il 2035.

L’altro elemento importante sarà portare a bordo di questi progetti e di questa sensibilità anche il consumatore finale, che ne deve capire il valore e deve investire nella scelta di prodotti più sostenibili.

La sfida è grande ed emozionante e dobbiamo essere orgogliosi che parta dall’Europa.

Come si prospetta l’anno, sulla base dei risultati dei primi sei mesi?

Il primo equipaggiamento è vivace. È partito molto bene, sull’onda dell’order book molto lungo, perché negli ultimi anni, i tempi di consegna si sono molto allungati in tutti i segmenti.

Il mercato del ricambio, come sempre accade quando ci sono tante macchine nuove, è un po’ più lento in tutti i segmenti, ad eccezione della motocicletta che sta andando bene.

Per il resto dell’anno, mi aspetto che l’aftermarket cresca un po’ più velocemente quando l’equipaggiamento originale rallenterà ed è probabile che lo farà nel secondo semestre, anche se i produttori di macchine agricole e da costruzione sono ancora molto ottimisti. Il material handling sta già dando dei segni di riduzione, a livello di primo equipaggiamento, che nasce dal fatto che chi ha ordinato un carrello elevatore mesi fa, più che ordinarne un altro è ancora in attesa di ricevere il primo.

Quindi, complessivamente l’OE va bene, c’è un po’ di rallentamento nel ricambio di tutti i segmenti, ma sicuramente la prospettiva è di un buon anno, anche sperando in una minore inflazione. L’inflazione ha infatti alterato molto le dinamiche di mercato, soprattutto in Europa, con conseguenze che non sono ancora ben visibili, ma che lo saranno nei prossimi mesi.

Come si configura l’andamento del mercato Italia nel quadro europeo?

In Italia sta andando molto bene il settore agricoltura, soprattutto nel primo equipaggiamento, un po’ più debole il ricambio. Il mercato del material handling registra ottimi risultati, grazie anche alla presenza molto forte della rete Interfit, che copre buona parte del Paese. Anche il construction sta andando bene, perché il mercato è molto attivo grazie agli investimenti in infrastrutture e housing. Molto bene, infine, il moto, che per noi è una nicchia davvero divertente.

In pratica, l’Italia segue perfettamente il trend europeo, con un OE molto importante e vivace e un ricambio leggermente indietro.

Il nome dell’azienda però è cambiato…

Sì il nome dell’azienda è diventato “Yokohama TWS”, ma è più un riferimento interno, per noi che ci lavoriamo, che esterno. Quando parliamo con i clienti, infatti, ci presentiamo e comunichiamo con i marchi. Così come è stato per il Giro d’Italia, dove appariva esclusivamente il brand Trelleborg, come partner ufficiale 2023

Quali sono i motivi della scelta di sponsorizzare il Giro d’Italia?

È una bella piattaforma soprattutto per il business agro, perché attraversa l’Italia, passando per molte zone rurali, e questo ci ha permesso di incontrare clienti con cui parlare di prodotto, progetti e iniziative.

Penso che ci sia una forte analogia tra il Giro e il tire brand Trelleborg.  In qualità di esperti di pneumatici, siamo tutti impegnati ad affrontare nuove sfide e a dare il meglio per raggiungere prestazioni eccezionali e sostenibili. Costanza, eccellenza, innovazione, spirito di squadra: sono gli stessi valori abbracciati da noi e dal Giro d’Italia e prova del connubio perfetto di questa partnership.  Il ciclismo è sì una competizione tecnica, ma di persone e mi piace pensare che i nostri team operino con la stessa logica. Abbiamo tanti ottimi asset, che però possono essere facilmente copiati, proprio come le biciclette. Ma come lavora una squadra, quello non è replicabile: sono le persone a fare la differenza.  

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