Made in Italy: nuove strategie per la meccanica agricola
Si è svolto giovedì 30 marzo al castello di Rosciano (Perugia) il “Think Tank” annuale di FederUnacoma, l’associazione dei costruttori di macchine agricole. Gli interventi del ministro Adolfo Urso, di Matteo Zoppas (ICE), Emanuele Di Faustino (Nomisma), Dario Fabbri (Domino) e Alessandro Malavolti (FederUnacoma) sottolineano il ruolo centrale della meccanica agricola italiana e le nuove strategie di promozione sui mercati mondiali.
La qualità e la tradizione della meccanica agricola italiana sono da sempre una leva fondamentale per il successo sui mercati esteri, ma è necessario un ulteriore salto di qualità. Le macchine realizzate dalle nostre imprese debbono essere percepite come prodotti classici del “Made in Italy”, al pari dell’automotive di alta gamma, della moda, dell’agroalimentare, non soltanto sui mercati tradizionali dell’Europa o degli Stati uniti, ma anche su quelli emergenti dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa.
Questo ha sottolineato il presidente di FederUnacoma Alessandro Malavolti, aprendo il Think Tank organizzato oggi presso il castello di Rosciano (Perugia) dall’associazione dei costruttori di macchine agricole sul tema “Il made in Italy, un valore aggiunto per l’agromeccanica”.
La promozione del settore agromeccanico sui mercati globali può contare sul supporto dell’Agenzia Ice che – ha sostenuto il presidente dell’Agenzia, Matteo Zoppas – ha ampliato il raggio d’azione con le sue nuove linee guida e con i suoi 78 uffici dislocati in ogni continente e organizzati proprio per operare in stretta sinergia con le organizzazioni dei produttori. Nei prossimi anni – ha sottolineato Zoppas – la regione nordafricana e quella balcanica saranno alcune delle aree di intervento prioritarie per la promozione delle macchine agricole italiane.
Nonostante la crescita dell’export di settore, che lo scorso anno ha raggiunto i 6,5 miliardi euro (+3,6% sul 2021), la meccanica agricola italiana deve fronteggiare la concorrenza sempre più agguerrita dei Paesi asiatici, che sfruttano soprattutto la leva del prezzo. Nel comparto agromeccanico – è stato spiegato dai relatori – il made in Italy non viene sufficientemente percepito come un valore aggiunto, a differenza di quanto accade invece per le tradizionali eccellenze italiane. I dati relati alle esportazioni degli ultimi dieci anni – presentati da Emanuele Di Faustino, responsabile industria di Nomisma – indicano infatti una crescita dell’export di macchine agricole pari al 38% a fronte di una crescita molto maggiore degli altri settori del made in Italy (+66%). Le strategie di promozione dell’industria italiana – ha sottolineato il direttore di Domino, Dario Fabbri – devono tenere conto di tutte le variabili geopolitiche che condizionano il mercato, ma possono fare leva sul ruolo strategico che la meccanica agricola è chiamata a svolgere in questo momento storico, visto che l’agricoltura è diventata settore di punta per tutti i sistemi economici più importanti.
In questo scenario si sviluppa l’azione di governo – ricordata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – che ha riaffermato la necessità di sostenere e incentivare l’innovazione tecnologica delle industrie italiane, per far fronte alla concorrenza dei Paesi emergenti. A tal fine, l’esecutivo è impegnato in una razionalizzazione e in una semplificazione del sistema di incentivazione pubblica che – ha spiegato Urso – per essere ancora più efficaci devono prevedere procedure snelle e di facile accesso per le imprese.
I lavori del Think Tank si sono conclusi nel pomeriggio con i tavoli di approfondimento dedicati rispettivamente a: “Il valore del Made in Italy nel marketing dell’agromeccanica. La conoscenza e la valutazione del prodotto italiano sui mercati nazionali ed esteri”, coordinato da Sabina Addamiano, docente di Marketing specialistico all’Università Roma Tre; “La qualità globale, una sfida per l’industria italiana. Design, affidabilità e servizi: gli standard richiesti sui principali mercati”, coordinato da Roberta Guglielmetti, docente di Operation Management all’Università Roma Tre; “La sostenibilità sociale e ambientale, un requisito della “qualità italiana”. Le risorse umane e le risorse naturali nella valorizzazione del prodotto”, coordinato da Luca Ferrucci, docente di Economia e management delle imprese all’Università di Perugia.