Raccolta PFU: aspettative sul nuovo decreto – Intervista a Sabrina Loprete
Il Consiglio di Stato ha sospeso, in attesa di integrazioni documentali, il parere consultivo sulla nuova disciplina inerente l’obbligo di gestione dei Pneumatici Fuori Uso (PFU) predisposta dal Ministero dell’Ambiente. Il nuovo regolamento, composto da 10 articoli e da 9 allegati, è destinato a sostituire il DM 82/2011 vigente e il decreto attuativo del 20 gennaio 2012, con l’obiettivo dichiarato di “ridurre le anomalie del sistema di raccolta e gestione dei PFU, che ne hanno determinato l’abbandono e l’accumulo”.
“In altri termini, – spiega Sabrina Loprete, consulente relazioni istituzionali, comunicazione e marketing nel settore della gestione dei pneumatici – la nuova normativa dovrebbe assicurare la raccolta dei PFU generati sul mercato del ricambio, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale e senza interruzioni, dovute al conseguimento anticipato degli obiettivi normativamente fissati”. La sospensione è stata motivata dal Consiglio di Stato con la necessità di chiedere chiarimenti “indispensabili” per un giudizio di merito.
Cosa si aspetta dal nuovo decreto?
Poichè la normativa nazionale nasce per recepire il concetto europeo di “Producer Responsability” e di Economia Circolare, sarebbe interessante trovare in questo nuovo regolamento delle percentuali di recupero di materia, oltre che riferimenti alla Ricerca e all’Innovazione Tecnologica e di controllo sul tipo di Ricerca che viene portata avanti inoltre sarebbe opportuno ci fossero dei criteri di trasparenza per le gare d’appalto.
Cosa si aspetta dalle autorità preposte?
Da parte delle Autorità è auspicabile che, in tempi stretti, esca una revisione dell’attuale normativa, visto che il Ministero e il Consiglio di Stato hanno rilevato “anomalie nel sistema di raccolta”.
Dalla nuova normativa ci si aspetta che porti oggettive risoluzioni alle attuali problematiche e che venga presa in considerazione la parola “controllo”, affinché gli attori del sistema lavorino in un’ottica ambientale e tutti gli anelli della filiera coinvolti operino in linea con le normative vigenti. Al di là degli aspetti formali espressi in merito al nuovo Regolamento da parte del CdS, ci sono degli aspetti “di contenuto” di grande rilevanza da prendere in considerazione in questa fase delicata di revisione della normativa, sarebbe importante che il nuovo regolamento non fosse un “maquillage” del DM 82/2011 ma che riuscisse nell’intento di colmare i “buchi normativi”, entrando nel merito delle problematiche riscontrate, stabilendo un corretto equilibrio nelle quote di raccolta, inoltre sarebbe auspicabile un consulto e un apporto concreto di più esperti del settore.
Cosa si aspetta dagli altri anelli della filiera?
Dalle società consortili occorre aspettarsi che operino in un’ottica consortile con scopi mutualistici. Bisognerebbe allontanarsi dal tentativo spasmodico di ricerca di immagine e comunicazione a tutti i costi, per sostituirla con la ricerca di una corretta informazione e formazione con l’obiettivo di portare le proprie aziende ad una scelta ponderata e consapevole.
Dalle aziende a cui viene appaltato il lavoro di raccolta, stoccaggio e smaltimento ci si dovrebbe aspettare che lavorino in un’ottica imprenditoriale, senza dimenticare l’etica e la correttezza.
Dalle associazioni di categoria ci aspettiamo che in modo a-politico prendano atto della reale situazione di cui sono pienamente a conoscenza e operino a tutela delle aziende che gli hanno dato fiducia.
Dal cittadino e da tutti noi c’è da aspettarsi che ci si informi, che si pretenda un’informazione corretta e sincera, poiché siamo noi l’anello centrale della catena, su cui grava la parte economica. Il fatto di normare ulteriormente il settore non deve ricadere sull’utente finale, come di fatto avviene quando si aumenta economicamente un contributo ambientale per sopperire ad un aumento dei costi di raccolta per nuove imposizioni normative, o sulle aziende che si sono messe in regola, che vengono penalizzate di fronte alla concorrenza sleale.
Da parte dei gommisti, se ritengono che il servizio di raccolta non sia adeguato è corretto che si sollevi il problema nelle corrette sedi.
Dagli addetti ai lavori che si operi con coscienza, che non si tema il cambiamento, perché questo è un sistema fortunatamente in continua evoluzione. Bisogna essere lungimiranti per poterlo ottimizzare e bisogna operare con coraggio. Coraggio non inteso come una pacca sulla spalla, ma in senso letterale ossia “operare con il cuore”, come scrive il famoso cantante Vasco Rossi: “da gustare come un sorso di un gran vino, come un appunto scritto in cima a ogni pagina, di ogni quaderno e di ogni libro. Mettere il cuore dentro le proprie azioni o mettere il cuore in grado di guidare l’azione. Non bisogna essere saltatori dall’ultimo piano di un palazzo o correre in formula uno per farlo. È una cosa che si può fare anche stando dove si è”.
Qual è l’approccio corretto per un importatore o produttore di pneumatici?
Nella mission che appare più volte dichiarata sui portali degli importatori si rileva un interesse alla sostenibilità ambientale che è importante si traduca in una presa di coscienza delle proprie responsabilità. E’ fondamentale calare questo interesse nella ricerca di approfondimento dei temi in campo Green Economy, contribuendo a far scattare concetti di rete, tipici dell’economia circolare, che avranno una conseguente ricaduta di immagine positiva sulle singole aziende in termini pratici, visto che è di questo che stiamo parlando: interesse per una corretta gestione dei PFU: raccolta, smaltimento e riciclo di un prodotto che ha le potenzialità per tornare ad essere un prodotto. Il produttore di pneumatici poi ha un ruolo fondamentale, sarebbe opportuno operasse in linea con i criteri espressi nel pacchetto di Direttive Europee sull’Economia Circolare approvato lo scorso aprile dal parlamento Europeo e dei concetti dell’EPR, (Extended Producer Responsability) strategia di protezione ambientale al fine di raggiungere un obiettivo di riduzione dell’impatto ambientale totale di un prodotto, rendendone il produttore responsabile per il intero ciclo di vita e in particolare per il ritiro, il riciclaggio e lo smaltimento finale.
Quindi basta con le raccolte straordinarie?
È il momento di smettere di fare raccolte straordinarie e di dedicarsi alla raccolta ordinaria, in modo omogeneo e senza interruzioni. È il momento di conoscere, analizzare e controllare questo fenomeno, che si è avvicinato troppo alla parola business e allontanato dal concetto di rispetto ambientale. Questo lo si potrà fare solo se tutti prenderanno coscienza delle attuali distorsioni e delle possibili manovre correttive. E’ fondamentale assumersi delle responsabilità a tutti i livelli. Il prezzo per la superficialità potrebbe comportare un grave danno ambientale, un danno commerciale e un danno all’erario.
pubblicato il 26 / 07 / 2018