Il caso VW: pneumatici speciali per truccare i test
Lo scandalo dell’anno è, senza ombra di dubbio, quello Volkswagen, che pian piano si sta allargando ad altri costruttori di veicoli. Capire chi è davvero coinvolto in questo scandalo non è un’impresa da poco, ma appare davvero poco realistico pensare che sia stata solo la casa di Wolfsburg a barare. Repubblica ha citato uno studio dell’European Federation for Transport and Environment (AISBL) in cui viene dichiarato che praticamente tutti i produttori “imbroglino”, in modo più o meno pesante, su consumi ed emissioni. E uno dei modi per alterare i risultati sarebbe proprio l’utilizzo di pneumatici speciali, dalle mescole a bassissima resistenza al rotolamento, gonfiati a pressioni elevatissime e addirittura modificando l’allineamento per ottenere la miglior efficienza possibile.
Ora, in quella che è chiaramente ancora una storia in evoluzione, che avrà conseguenze probabilmente ancora non immaginabili, una necessità espressa a gran voce da tutti è quella di avere test più veritieri, condotti su strada e non in laboratorio, che riflettano le reali condizioni di guida di tutti i giorni.
Questo potrebbe avere conseguenze anche sui test dei pneumatici e sull’etichetta europea, che al momento viene auto-dichiarata dai produttori senza la supervisione di enti terzi. Il risultato è che i produttori seri testano e dichiarano i valori effettivi, ma sul mercato ci sono anche etichette palesemente false associate a pneumatici che in nessun modo potrebbero raggiungere i valori che i produttori dichiarano.
Già nel 2012 PneusNews aveva pubblicato alcuni articoli che mettevano a conoscenza di questo fatto. Ne sono un esempio l’intervista a Domenico Mastrogiacomo, sales & marketing manager della sede italiana di Kumho Tyre, quella a Marco Cecconi, presidente di Toyo Tire Italia SpA, e, infine, quella a Stefano Bordini, amministratore delegato di Centro Gomme SpA di Treviso.
Un ente certificatore indipendente, sanzioni per chi non rispetta e falsifica le etichette e un controllo molto più accurato, anche in questo caso, renderebbero il mercato più pulito, sia dal punto di vista del consumatore finale, che non verrebbe imbrogliato con certificazioni false, sia per gli stessi produttori, che concorrerebbero lealmente senza la presenza di prodotti che danneggiano i mercato.
Lo studio della European Federation for Transport and Environment è disponibile a questo link.
pubblicato il 9 / 10 / 2015