Pneumatici da fonti rinnovabili, la sfida del futuro – Bridgestone pronta per il 2050

Alcuni puntano sul tarassaco, altri su riso, mais, canna da zucchero, arance e altro. Certo è che tutti i produttori di pneumatici si stanno impegnando per trovare delle fonti di materia prima alternative e possibilmente rinnovabili.

I pneumatici oggi sono realizzati con numerose materie prime di origine fossile, o comunque limitate e in via di esaurimento. La gomma stessa può essere di origine naturale, quando si ottiene coagulando il lattice ricavato dal tronco della pianta tropicale Hevea Brasiliensis, o di origine sintetica, quando ottenuta da polimerizzazione di idrocarburi.La gomma naturale, pur essendo rinnovabile, rappresenta comunque un elemento critico,in quanto cresce solo nei tropici e la quantità del raccolto è determinata dal clima, dagli agenti atmosferici e da altri fattori che rendono la disponibilità e le quotazioni fluttuanti. Ecco perché tutti i produttori stanno cercando altre piante in grado di fornire una materia prima analoga in maniera più costante e controllata: Continental punta sul tarassaco cosacco (Russian Dandelion), Goodyear, in collaborazione con Genencor, su mais e canna da zucchero, Michelin sul biobutadiene (un idrocarburo realizzato a partire da fonti rinnovabili), mentre Bridgestone e Pirelli sul Guayule.

Bridgestone, in particolare, ha già fissato degli obiettivi in maniera molto decisa: fra5 anni implementerà nel processo produttivo alcuni materiali sostenibili e fra 35 anni realizzerà un prototipo sostenibile al 100%. La sfida è dunque aperta e protagonista di questo percorso di ricerca è anche il TCE (Technical Center Europe), cioè il centro tecnico di Roma del colosso giapponese dei pneumatici. Il TCE gioca infatti un ruolo chiave anche nella ricerca di materiali, oltre che nello sviluppo di pneumatici, nella produzione di prototipi e nei test indoor.

 Il Guayule è un arbusto appartenente alla famiglia delle Asteracee, nativo del deserto di Chihuahua (Messico), e del sud ovest degli Stati UnitiBarbara Secchi, responsabile della ricerca sui materiali rinnovabili presso il TCE di Bridgestone, afferma che l’azienda sta valutando materiali diversi in sostituzione della gomma tra cui il Guayule, il tarassaco cosacco (Dandelion), e il bioisoprene con l’obiettivo di produrre una gomma sintetica con proprieta’ vicine alla gomma naturale.

“Ci sono moltissime piante che producono gomma, – dice Secchi – ma per farne un uso industriale è necessario che la gomma sia facilmente estraibile e che sia disponibile nella giusta quantità. Il Guayule è un cespuglio che cresce in zone aride, come l’Arizona, e pensiamo che abbia maggiori potenzialità rispetto al Dandelion, in quanto più sostenibile da un punto di vista economico. Mentre infatti per ricavare la gomma dal Dandelion è necessario estrarre tutta la pianta (la gomma è contenuta nella radice), il Guayule contiene la gomma sia nell’arbusto che nella radice. C’è poi una terza via, che prendiamo in considerazione, che è il poly-bioisoprene, migliorato per via sintetica. Stiamo infatti collaborando con un’azienda giapponese per  produrre il bio-isoprene, la sostanza cioè di partenza, da zuccheri ricavati da piante. Tuttavia questo materiale presenta dei problemi di performance, per cui stiamo contemporaneamente lavorando anche sul prodotto finito.”

Per quanto riguarda gli eventuali brevetti, l’esperta di materiali spiega che è un settore in cui nella fase pre-competitiva occorre la cooperazione tra aziende, anche di altri settori, possibile grazie anche ai finanziamenti previsti dall’Europa con il Programma Horizon 2020. La protezione industriale riguarderà piuttosto il prodotto finito.

I materiali di cui si compone il pneumatico e che, per qualche motivo, devono essere sostituiti nel prossimo futuro e sono pertanto sotto la lente dei ricercatori sono diversi, come ad esempio il nero di carbonio, il cobalto o lo zinco. Quest’ultimo ad esempio, lo zinco, molto utilizzato anche nelle creme lenitive per i bambini, è una risorsa in netto calo e pare addirittura che sia destinata ad estinguersi prima del petrolio. Trovare una valida alternativa all’ossido di zinco, presente in tutti i pneumatici, sarà quindi un’altra grande sfida per il settore.

Ci sono poi anche le fibre tessili, come poliestere, nylon e rayon. In questo caso riciclare l’abbigliamento usato pare sia piuttosto complesso,  in quanto le proprietà richieste per i materiali destinati ai pneumatici sono decisamente diverse, dovendo resistere a sollecitazioni ripetute nel tempo. Inoltre c’è il problema delle impurità. “Qualsiasi prodotto riciclato contiene sempre delle impurezze, che, pur essendo a livello nanometrico, diventano dei punti di frattura”, spiega Barbara Secchi, portando come esempio la Liberty Bell di Philadelphia, in Pennsylvania.

La Liberty Bell“Questa campana presentava una cricca, che hanno cercato di bloccare con un chiodo, ma hanno ottenuto l’effetto contrario e la crepa si è ulteriormente propagata, tanto che oggi la campana non viene più suonata per evitarne la rottura. Questo avviene con qualsiasi impurezza: ogni discontinuità all’interno di un materiale diventa un punto di debolezza critico per il materiale stesso. Per questo motivo, stiamo sì lavorando sui materiali di riciclo, ma principalmente  negli ambiti in cui queste impurezze non creano problemi, come ad esempio il battistrada”.

“L’obiettivo 2050 è comunque molto chiaro e il nostro impegno verte essenzialmente su tre fronti: riciclo, riduzione del peso e uso di materiali rinnovabili”, conclude Secchi. “E’ un lavoro molto complesso e bisogna sempre arrivare a dei compromessi, decidendo quali prestazioni privilegiare nel prodotto finito. E’ un equilibrio difficile fra molti parametri, che si ottiene con molto lavoro sui materiali e sul disegno del battistrada. Una cosa però è certa: prima viene comunque e sempre la sicurezza e poi si considerano le performance”.

TCE Bridgestone 600La struttura complessiva del Bridgestone TCE è di 32 ettari. Circa 17.000 m² di superficie al coperto ospitano laboratori e impianti di progettazione e sviluppo che rendono il centro autosufficiente.

Il Centro Tecnico è in continua evoluzione, attraverso  l’installazione di nuovi impianti e nuovi macchinari di prova all’avanguardia tecnologica,  e il dimensionamento delle capacità di test e delle relative strutture in linea con le attuali e future necessità di sviluppo. Recentemente ad esempio  le capacità di test Indoor sono state ulteriormente ampliate con l’introduzione di un tamburo  che, grazie ai suoi 3 metri di diametro, permette di testare indoor tutte le diverse misure dei pneumatici agricoltura richieste sul mercato (prima della prova sul campo).

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