Autobus: un settore industriale in estinzione?

Il mercato degli autobus è andato ridimensionandosi di anno in anno. In Italia la crisi economica finanziaria ha avuto e ha ancora un risvolto molto più complesso rispetto altri major markets, a causa del pesante indebitamento pubblico. Le politiche adottate per il contenimento o la riduzione della spesa pubblica, che hanno riguardato tutti i livelli della Pubblica Amministrazione, hanno influito in modo particolare sul comparto industriale degli autobus, fino a determinarne quasi la scomparsa. Nel 2014 la produzione domestica di autobus si è ridotta a 1/5 di quella del 2007, che era già la metà di quella del 2000.

Nei Paesi europei, dove esiste un comparto industriale autobus, si sono adottate e si adottano politiche industriali legate allo sviluppo dei trasporti pubblici e della mobilità in generale, che da un lato rendono efficiente un settore chiave per ogni società moderna e dall’altro salvaguardano l’industria locale. Purtroppo non in Italia, dove la pesante contrazione della produzione industriale riflette la crisi strutturale, che sta vivendo il settore del TPL.

Le risorse statali per l’acquisto e sostituzione dei mezzi di trasporto, nel corso degli ultimi 15 anni, hanno subito una brusca frenata. Si è passati, infatti, dagli oltre 2,3 miliardi di Euro (Quadriennio 1997-2001), a cui si sono aggiunti 1,2 miliardi di Euro (Quadriennio 2002-2006) previsti dalla Legge 194/1998 e successivi rifinanziamenti sino ai 278 milioni di Euro dell’ultimo quadriennio. Nel 2012 i capitoli di bilancio dello Stato relativi a questa spesa sono completamente azzerati!

Nel 2014 le Regioni a Statuto Ordinario hanno rinunciato ai 300 milioni che la Legge di Stabilità dello scorso anno aveva destinato al rinnovo del parco rotabile, per coprire gli obiettivi di finanza regionale volti a ridurre la spesa statale. Il Trasporto Pubblico Locale , come è noto, è materia di competenza delle Regioni, che nelle scelte sui difficili tagli di spesa, si sono trovate costrette negli ultimi anni a rinviare gli investimenti riguardanti il rinnovo del parco.

ANFIA, in collaborazione con le Istituzioni competenti, ha operato per ottenere con la Legge di Stabilità 2015 una destinazione esclusiva e consistente di Fondi destinati al rinnovo parco Autobus, per rispondere all’emergenza “vetustà parco autobus”. Tale destinazione di fondi è stata al centro della discussione in Conferenza Stato Regioni. Molte Regioni si vedono costrette a dirottare tali fondi per mantenere altre voci di spesa, considerate prioritarie, come mancato trasferimento statale per rispondere agli obiettivi di spending review posti dallo Stato. Nonostante i tagli subiti, il decreto in corso di approvazione dovrebbe confermare la disponibilità di 261 milioni per il TPL su gomma per l’anno 2015 e 100 milioni di euro all’anno per il triennio 2016-2019. ANFIA prosegue nell’attività di sensibilizzazione delle Istituzione per individuare forme dirette e indirette di finanziamento al rinnovo del parco veicolare.

La mancanza di interventi strutturali con investimenti pubblici certi e impiego verificato con obiettivi precisi per un trasporto efficiente, sicuro, sostenibile, ha contribuito a rendere il parco autobus sempre più vecchio, inquinante e rumoroso e anche più povero di mezzi. Il 61% degli autobus circolanti ha più di 10 anni di età, ma quelli circolanti, immatricolati prima del 1998, sono quasi 1/3 del parco totale (30.520 mezzi). Solo il 12% ha un’anzianità compresa tra 0-4 anni (dati 2013, ACI).

La crisi economica ed occupazionale ha inciso sulla mobilità degli italiani. La mobilità feriale è diminuita progressivamente dal 2008 al 2012, mentre nel 2013 gli spostamenti complessivi della popolazione italiana (14-80 anni) hanno nuovamente superato la soglia dei 100 milioni (+2,8% rispetto al 2012), così il numero passeggeri*km, che tocca il suo massimo nel 2008 per poi calare fino al 2012, aumenta in misura più sensibile rispetto al numero degli spostamenti, con una variazione positiva del 9,6%. L’analisi dei mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti, non inverte l’impari confronto tra la “mobilità dolce” (piedi o bici, che scende dal 21,1% del 2008 al 16,9% del 2013) e la scelta del mezzo motorizzato, preferita nell’83,1% dei casi (era il 79,9% nel 2008). I “motorizzati” su due ruote scendono intorno al 3,7% di tutti gli spostamenti motorizzati (5,7% nel 2008), i mezzi privati (auto) continuano a detenere il primato (82,7%nel 2013, era l’80% nel 2012) tra gli spostamenti motorizzati con un incremento del 4,1% sul 2012, anche se, guardando alle variazioni degli spostamenti, l’automobile perde in 5 anni il 16% dei passeggeri, con una caduta in valore assoluto di oltre 13 milioni di viaggi nel giorno medio feriale.

Il trasporto pubblico, dopo aver raggiunto la quota del 14,3% di tutti gli spostamenti motorizzati nel 2012, uno dei livelli più alti negli ultimi dodici anni (erodendo quote alla voce moto) riduce la quota nel 2013 al 13,6% (-1,9%). Il trasporto pubblico stenta a diventare competitivo rispetto al mezzo privato, solo la crisi ha determinato un leggermente spostamento verso i mezzi pubblici. Diversi fattori giocano a sfavore della mobilità collettiva: le perduranti incertezze del quadro normativo e regolatorio, i tagli al settore per i servizi e per gli investimenti (manca la certezza dei flussi per gli investimenti) e, dal lato aziendale, l’aumento dei costi dei fattori di produzione (lavoro, materie prime, servizi). A ciò si aggiungono la debolezza delle politiche nazionali e locali “di sistema” per promuovere modelli di mobilità più sostenibili alle diverse scale, e da ultimo gli aumenti tariffari generalizzati che in assenza di miglioramenti tangibili dei servizi offerti non hanno favorito il miglioramento dell’immagine del trasporto pubblico presso la platea di utenti attuali e potenziali (Fonte: ISFORT-ANAV-ASSTRA-HERMES, 11° Rapporto sulla mobilità in Italia).

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