L’Europa imporrà dazi sulle importazioni di pneumatici?

In queste settimane gli Stati Uniti si interrogano riguardo l’imposizione dei dazi sulle importazioni di pneumatici cinesi. Potrebbe accadere qualcosa di simile anche in Europa, come alcune voci sostengono?

Per capire bene cosa sta succedendo, bisogna guardare i retroscena: nel 2009 in Nord America vennero imposti dei dazi, ma ci sono alcune differenze con quell’occasione: in primo luogo, nel 2009 molti dei mercati mondiali di pneumatici erano nel bel mezzo della crisi finanziaria, mentre i pneumatici cinesi-e l’economia della Cina in generale – erano una notevole eccezione. Ora i mercati maturi si sono ripresi e gli anni di crescita sfrenata a due cifre del PIL della Cina sta mostrando segni di rallentamento. In secondo luogo poi, oltre a misure analoghe nei segmenti dei pneumatici OTR e industriali, oggi proprio grazie al 2009 c’è un piccolo precedente internazionale per i dazi sui pneumatici. In terzo luogo, i mercati globali hanno ormai sperimentato gli effetti dei dazi. Al giorno d’oggi molti tra i principali mercati hanno (o avranno presto) regimi di etichettatura. Questo approccio è visto come una sorta di protezionismo di riserva, rispetto ai dazi sulle importazioni.

Questa è la prima ragione per cui i dazi probabilmente non saranno imposti in Europa nel breve periodo. La decisione di imporre dazi all’importazione segnalerebbe un allontanamento dalla politica attuale. Infatti tale decisione sembrerebbe un’inversione a U e un’ammissione del fallimento dell’etichettatura dei pneumatici per il corretto mantenimento della competitività dei mercati. Naturalmente la motivazione principale dell’etichettatura resta il mantenimento della qualità del prodotto in termini di sicurezza e prestazioni ambientali, ma sarebbe ingenuo pensare che non ci sia dietro anche una strategia commerciale, direttamente o indirettamente associata. L’etichettatura fa in modo che tutti partano dallo stesso punto, competendo ad armi pari.

Detto questo, non ci sono prove che i dazi statunitensi funzionino effettivamente. Piuttosto l’effetto principale è l’aumento dei prezzi. Ciò è dovuto ai livelli più bassi di approvvigionamento dall’estero e ad una reticenza da parte dei produttori nazionali ad intensificare la produzione per colmare il gap creato dal vuoto di importazioni. Se ci fossero dei dazi in Europa, è probabile che succeda qualcosa di simile anche nel nostro continente, anche se diversamente dal 2009 ci sono una serie di finanziamenti importanti per la costruzione di grandi fabbriche, da parte di marchi promettenti, che potenzialmente potrebbero ristabilire l’equilibrio.

Inoltre, non volendo che i loro prodotti negli Stati Uniti costino un terzo di più dalla sera alla mattina dopo, i produttori di pneumatici cinesi hanno spostato la produzione in impianti al di fuori del mandato sui dazi di importazione. Dai primi dazi, i maggiori produttori di pneumatici cinesi hanno costruito fabbriche in Taiwan, Thailandia e Indonesia, per esempio. Giti Tire ha spiazzato il mercato, annunciando la creazione della sua prima fabbrica in USA, dando un reale contributo al mantenimento e alla creazione di nuovi posti di lavoro in America.

Un’altra considerazione è che non c’è un reale precedente riguardo l’imposizione di dazi sulle importazioni nel business dei pneumatici europeo. Il più vicino è quello relativo ai cerchi in lega, che i produttori cinesi hanno affrontato dopo che l’Europa ha ritenuto che queste aziende pagassero prezzi artificialmente bassi per l’alluminio. Tuttavia pare che non ci siano stati grandi effetti nel mercato delle ruote in lega. Nel business del pneumatico c’è meno variabilità internazionale dei prezzi delle materie prime, cosa che rende le vendite, il marketing e la distribuzione costi più controllabili. E per di più il fatto che molti premium brand cosiddetti occidentali realizzino i pneumatici anche in Cina deve essere preso in considerazione.

Se si considera il fatto che metà dei primi 20 produttori di pneumatici del mondo hanno la sede o fabbricano la maggior parte della loro produzione in Cina, ogni mossa protezionistica in Europa, a seguito di eventuali dazi americani, potrebbe ricevere una risposta pesante. Fino ad ora, la Cina è stata relativamente ospitale per le imprese globali che vogliono costruire moderne fabbriche greenfield nel suo territorio. In questo scenario i rapporti rischierebbero di diventare più tesi, con le agevolazioni fiscali che potrebbero trasformarsi in tasse, che a loro volta potrebbero sovvenzionare ulteriormente i produttori di pneumatici cinesi, al fine di contrastare i dazi di importazione negli Stati Uniti.

Tutto questo riconduce all’etichettatura. Per molte ragioni questo approccio è molto più sottile e intelligente dei dazi sulle importazioni. Mantiene i controlli di qualità sul mercato, impedendo che ci siano pneumatici prodotti e venduti a prezzi troppo bassi. Un tale approccio è difficilmente attaccabile, ed aiuta ad escludere le conseguenze internazionali che abbiamo presentato poco sopra. Ma tutto questo si basa sulla conformità. In qualità di segretario dell’ETRMA, l’associazione dei produttori europei di pneumatici e omma, Fazilet Cinaralp ammette che la conformità “rimane una delle principali preoccupazioni” con l’attuale approccio. Con la responsabilità per la conformità distribuita tra i diversi Stati membri, i mercati europei sono un po’ indietro per quello che riguarda l’implementazione, l’attuazione e il rispetto della conformità. Ma l’altro lato della medaglia è che questo argomento, se i regolamenti fossero più chiari e se fosse stato dato del tempo per pensare a come promuovere la conformità, non esisterebbe nemmeno. Sia l’ETRMA, che l’ITMA (che rappresenta i marchi importati) hanno risposto un chiaro “no” all’idea di dazi sull’importazione in Europa. Il direttore dell’ITMA, Peter Taylor, ha detto che questa sarebbe una “sfortunata strada da intraprendere, soprattutto visto il numero di aziende europee che producono in Cina e beneficiano molto di queste attività.”

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