Gli operai cinesi boicottano la fusione Apollo-Cooper

“I cinesi cercano di far deragliare l’affare India-US” ha titolato il 18 agosto il Financial Times, riferendosi allo sciopero indetto dai 5.000 operai della fabbrica nella provincia cinese di Shandong, frutto della joint venture tra Cooper (65%) e Chengshan Group fondata nel gennaio 2006. Ai cinesi non va proprio giù la recente acquisizione da parte dell’indiana Apollo della fabbrica cinese di Cooper e, se anche il 17 agosto gli operai sono rientrati ai loro posti di lavoro, il boicottaggio continua perché hanno deciso di produrre esclusivamente gomme con il brand Chengshan, escludendo quelle a marchio Cooper. Lo stabilimento, che impiega più di 5.000 persone, ha una capacità annuale di 15 milioni di pneumatici, di cui 5 milioni autocarro e autobus, 8 milioni passenger e 2 milioni di pneumatici convenzionali a tele incrociate diagonalmente.

Apollo e Cooper confermano che la transazione verrà completata formalmente entro la fine dell’anno, come previsto, e l’accesso per Apollo al mercato cinese, tramite il network distributivo e le due fabbriche di Cooper, rimane una parte strategica fondamentale dell’accordo. La reazione cinese rappresenta però un problema inaspettato e – in via generale – un elemento di rischio per tutte le sedi di multinazionali in Cina, che sembrano osteggiare aspramente gli accordi transfrontalieri, quando questi non coinvolgano direttamente un player locale. Ad aggravare la situazione vi è infatti la tacita approvazione da parte del governo cinese, che si dimostra tollerante, se non favorevole e che avrebbe dichiarato, tramite un portavoce che vuole rimanere anonimo: “Non vogliamo veder nascere nessun effetto negativo da questa situazione, ma i lavoratori non si sentono rassicurati per quanto riguarda la stabilità del proprio posto di lavoro.”

Alla fonte delle proteste cinesi ci sarebbero fondamentalmente due motivi: la preoccupazione per il fatto che l’accordo sarà interamente finanziato dal debito, per lo più a carico di Cooper, e il potenziale scontro culturale con il futuro proprietario indiano. I rappresentanti sindacali dell’azienda avrebbero infatti apertamente dichiarato che “i legittimi interessi dei dipendenti verranno significativamente danneggiati dalla fusione delle due aziende.” Anche il partner cinese della joint venture, Chengshan, ha buttato benzina sul fuoco e si è addirittura rivolto al tribunale locale chiedendo di sciogliere la joint venture con Cooper. I manager di Chengshan lamentano infatti di non essere stati adeguatamente consultati da Cooper sull’offerta di Apollo, né di essere stati successivamente  ascoltati e aggiornati dai manager di Apollo. I responsabili del gruppo cinese spiegano inoltre che colmare il gap culturale tra l’azienda cinese e quella americana (Cooper) è già costato molto tempo e molti sforzi, per cui “nessuno qui ha più voglia di ripetere quella faticosa esperienza una seconda volta con un’azienda indiana.”

Stampa e analisti leggono in questa vicenda un caso esemplare e nuovo nella storia dell’economia cinese, che potrebbe fungere da monito e insegnamento per altre multinazionali e joint venture in Cina. I manager di Apollo e di Cooper proseguono invece per la propria strada e rassicurano i mercati che, a tempo debito, tutte le questioni verranno affrontate e risolte.

La joint venture tra Cooper (65%) e Chengshan Group ha una capacità di 15 milioni di pneumatici, di cui 5 milioni autocarro e autobus, 8 milioni passenger e 2 milioni di pneumatici convenzionali a tele incrociate diagonalmente

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