C’era una volta il Retail?

Potenziali clienti di catene alberghiere che “si mettono in proprio” e affittano a prezzi iper-competitivi i propri alloggi (è il servizio Airbnb, disponibile in 26.000 città di tutto il mondo e con un ufficio aperto in Italia da pochi mesi). Potenziali clienti di catene di librerie che, nel momento in cui Fnac scappa dall’Italia, pubblicano direttamente le proprie opere sul Kindle di Amazon, arrivando a occupare una fetta del 20% del mercato dei best seller. Potenziali clienti di catene di casalinghi o altra oggettistica che preferiscono far da sé e mettono in vendita su piattaforme web come Etsy.com le proprie creazioni “hand-made”. Per non parlare del boom dei beni di seconda mano che, secondo stime della rete Operatori Nazionali dell’Usato, cresce nel nostro Paese di un 15% all’anno – non certo una novità nell’era di eBay. Possiamo forse dire che il prossimo e più pericoloso competitor per molte aziende è proprio il loro attuale (o ex) cliente? È questa una delle tesi che emerge dalla pubblicazione del terzo “Opens external link in new windowQuaderno Making Weconomy” a cura della service design company Logotel, intitolato “Empowerment, Feedback, Gamification: c’era una volta il Retail?”. Una tesi dalle ricadute misurabili solo sul lungo periodo, certo, ma anche un alert molto concreto per quei settori le cui regole tradizionali appaiono oggi sempre più labili.

 

Il report si concentra in particolare sui tre concetti-chiave del titolo, dipingendo un quadro dello stato attuale del retail in profonda trasformazione, in bilico tra crisi nera e opportunità più rosee. Se da una parte si stima che “un 30% del retail in circolazione potrebbe sparire perché semplicemente non serve più” per effetto dell’inarrestabile digitalizzazione in corso, dall’altra si offrono ai retailer possibili formule per riprogettare il proprio modello di business in tempo per non estinguersi: dal “modello Iceberg” per integrare la propria offerta di prodotti fisici con quella di servizi digitali, fino alle soluzioni innovative escogitate in campo internazionale da aziende come Tesco, Asda o Starbucks per offrire esperienze più ricche e coinvolgenti ai propri clienti. Il Quaderno arriva a stilare una sorta di modesta “costituzione” dalla quale partire per riprendere a produrre valore, anche in un contesto come quello italiano in cui, secondo gli ultimi dati Nielsen, l’84% dei consumatori ha modificato le proprie abitudini di acquisto nel corso dell’ultimo anno. Uno dei punti chiave più dibattuti è il retail collaborativo, un sistema aperto fondato sul controllo da parte del cliente di tempi e modalità di acquisto, una sorta di esperienza di gioco fondata sulla coopetizione e sull’ingaggio motivazionale dei consumatori. Se c’è un momento storico in cui il ritrito motto di vendita secondo cui “il cliente ha sempre ragione” ha mai avuto un senso di urgenza, è esattamente quello che stiamo vivendo. “If you can’t beat’em, join’em”: e stavolta si parla proprio di clienti in fuga con i quali è indispensabile ricostruire una nuova relazione.

 

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